GIUDA MIO PADRE

Ho solo due cose da lasciarti in eredità, figlio mio, e si tratta di radici ed ali.
William Hodding Carter

INVITO ALLA LETURA

È una notte di primavera a Gerusalemme, e una donna corre nel buio stringendo un bambino tra le braccia. Deve metterlo in salvo e lo lascia in una casa sicura, abitata da una donna, Maria, alla quale hanno appena giustiziato il figlio.
Fanuel vivrà anni sereni nella nuova famiglia di cui fanno parte anche Pietro e Giovanni, gli apostoli prediletti di Gesù di Nazareth.
Ma un brusco incontro metterà fine alla sua pacifica infanzia. Qualcuno gli rivelerà le sue origini, il nome di suo padre, il mestiere di sua madre.
Da qui il protagonista inizierà una ricerca che lo porterà lontano da Gerusalemme, verso Efeso e poi nella Roma Imperiale dove scoprirà alcune verità.
I suoi spostamenti attraverso il Mediterraneo narrano anche il viaggio interiore con cui il protagonista tenta di placare la propria inquietudine, perché bisogna somigliare per esistere, riconoscersi in un’altra faccia o in un’altra anima per scoprirne una propria¿.
Il suo viaggio terminerà a Gerusalemme, dove la storia ha avuto inizio, nel Campo del Vasaio, l’akeldamà, quell’orto maledetto acquistato con i trenta denari del tradimento per accogliere insieme alla salma di Giuda, le spoglie degli stranieri, dei reietti, degli esclusi, dei senza nome che non avevano altra speranza di sepoltura.
Così, Fanuel il viandante, il pescatore che sa scrivere, il figlio di una prostituta e di Giuda Iscariota, traditore di amici, saprà che non importa chi sia tuo padre, cosa abbia fatto, cosa il mondo pensi di lui. Prima o poi, dovrai perdonarlo per trovare finalmente pace.
Questa è la storia di tutti i figli che rincorrono un padre. È una storia antica, leggera, universale, dove non si giudica e non si condanna.
Una favola avvincente perché i personaggi del Vangelo sono umanizzati e messi al nostro fianco come attori di un’avventura spirituale destinata a rinnovarsi in ciascun essere umano e dunque a non avere mai fine.
Caratteri indimenticabili, tratteggiati con chiaroscuri sapienti da Miriam D’Ambrosio, una narratrice di grazia, istintivamente capace di lumeggiare presenze e destini altrimenti indecifrabili; una su tutte la figura di Maria, vera madre dell’umanità ferita, che tutti accoglie e salva.

MIRIAM D’AMBROSIO

insegna Italiano in un Centro di Formazione Professionale in provincia di Bergamo. Per anni ha collaborato con alcuni quotidiani nazionali scrivendo soprattutto recensioni teatrali.
Questo è il suo secondo romanzo, dopo Fuori non è così (Barbera editore, 2014)

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