GROMO

Gromo [ˈɡroːmo] Gróm [ˈɡɾom] in dialetto bergamasco è un comune di 1 186 abitanti territorialmente posizionato nelle Alpi meridionali indicate con il termine Prealpi Bergamasche
È situato sulla destra orografica del fiume Serio, in Val Seriana, durante il Medioevo era soprannominato “la piccola Toledo” essendo dotato di numerose fucine, che ne facevano un centro molto importante per la lavorazione del ferro e la conseguente realizzazione di armi bianche, alabarde, scudi e corazze.
Il comune è composto dal capoluogo sul fondovalle, posto su una rocca che domina il fiume Serio, a 676 m s.l.m. e da alcune frazioni
A nord si trova la frazione di Ripa, mentre a est si trova la frazione di Boario, a sua volta formata da vari agglomerati posti tutti tra i 900 e i 1.200 m.
Una grotta di origine carsica posta sul monte Redondo è il Bus di Tacoi. Custodisce i migliori esempi di forme carsiche conosciute. La si raggiunge con un’ora di cammino dagli Spiazzi di Gromo, con la quota di ingresso posta a 1550 m. Si divide in quattro settori formati da cunicoli, corridoi e salti sviluppandosi per 1217 m con un dislivello di 189 m fino a raggiungere il lago verde. L’origine del nome in italiano Buco dei Gracchi è riconducibile all’uccello montano omonimo, che nidificava nell’ingresso della grotta.
Le antiche miniere d’argento sul territorio di Gromo e di Ardesio, sono una parte importante nell’origine del paese, vengono documentate dagli atti notarili successivi al 1026 anno in cui il vescovo Ambrogio II, riprenderà i diritti sui territori della val Seriana dopo la transazione con il Monastero di San Martino di Tours che li aveva ricevuti da Carlo Magno nel 774, ma che alcune famiglie nobili di Bergamo avevano occupato. Il vescovo però donò le miniere e parte del territorio di Clusone ai suoi congiunti i conti di Bergamo de Martinengo.
La galena estratta nelle miniere dell’alta val Seriana sarà la principale forniture della zecca di Bergamo per il conio del pergamino di cui rimane documentazione fino al 1302. Dall’anno seguente Bergamo venne governata da Alberto Scotti di Piacenza e con lui entrarono le nuove monete come il fiorino e lo zecchino
Il 1º novembre 1666[36] una sciagura si abbatté sul paese: una rovinosa frana staccatasi dal monte sovrastante, cadde nel torrente Goglio, distruggendo le 27 fucine per la lavorazione del ferro, causando la morte di 67 abitanti, le loro abitazioni e ponendo così drammaticamente e sistematicamente fine a un periodo di ricchezza e prosperità. Ne seguì un periodo di grande carestia e miseria. Il verbale dell’evento redatto dall’incaricato della Serenissima ne riporta dettagliata cronaca.
La piazza è completata dalla quattrocentesca chiesa di San Gregorio, di proprietà del comune con portale in pietra di Sarnico e soffitto a botte leggermente decorato. Vi è conservata la pala Sacra conversazione chiamata La Vergine col Bambino del 1625 di Enea Salmeggia detto il Talpino, dove ai piedi dei santi Gregorio Magno e Carlo Borromeo c’è il paesaggio di Gromo antica e turrita, così come si presentava nel XVII secolo.
La chiesa parrocchiale, dedicata ai santi Giacomo Apostolo e San Vincenzo Levita, ha struttura architettonica romanica a tre navate, ed ha subito nei secoli tanti cambiamenti. All’interno numerosi sono le opere degne di nota: le navate poste a nord e sud presentano un forte intervento barocco; il presbiterio offre un pregevole scenario dato da un altare ligneo dorato (1645); un coro con 34 cariatidi; sei tele del Cifrondi raffiguranti il martirio e la morte dei santi patroni, e due portelle in rame dorato contenenti le reliquie di notevole pregio. Nella navata a sud, una pala di Ognissanti di Antonio Marinoni, autore dell’opera simile in San Martino di Nembro mentre la pala di Ognissanti presente nella Santa Maria Maggiore a Bergamo del XVI secolo, è opera di Antonio Boselli. Un polittico, con cornice in legno dorato, sul lato a nord. Il battistero è datato 1511, in stile rinascimentale. All’esterno al termine del portico XVII secolo, si può ammirare la cappella di San Benedetto, a fianco è allestito il museo che custodisce opere della storia cristiana di Gromo ed è dedicata al vescovo di Brescia Luigi Morstabilini nato nella piccola frazione della Ripa.
La chiesa della frazione Boario dedicata a san Bartolomeo viene citata in un primo documento nel 1401 e nominata parrocchia dal vescovo Daniele Giustiniani nel 1677. Conserva opere di pregio, tra cui il polittico dei Marinoni dipinto a più mani nel corso degli anni. Iniziato da Antonio Marinoni, proseguito poi dal figlio Ambrogio, e consegnato nel 1531, quanto anche questo era morto nel frattempo, tanto che nel 1563 dato il mancato pagamento del saldo dell’opera, la vedova di quest’ultimo, Giulia Pedruzzi, incaricò due pittori per la sua ultimazione Nicola Boneri, sostituito da Giovan Antonio Agnelli, e Giovanni Battista Moroni[41], il polittico verrà però terminato da Lucano da Imola. La pala della Natività e Santi, datata 1777, posta sull’altare di destra è opera di Saverio Dalla Rosa.
La piccola chiesa della frazione della Ripa Alta è intitolata alla Santissima Trinità e risale alla prima metà del XVI secolo per volere di Andriolo de Burlandis che mise a disposizione un ducato d’oro per l’edificazione di un luogo di culto nelle contrade Burlandis e Mascheri. L’interno, a cui si accede da quattro gradini in pietra arenaria, è a pianta rettangolare a una sola navata, affreschi risalenti al XVI secolo adornano lateralmente le pareti. L’altare maggiore è in legno la cui pala settecentesca raffigura la Santissima Trinità. Lateralmente vi sono le raffigurazioni a fresco di sant’Antonio da Padova e san Giovanni Apostolo. Una tela raffigurante san Francesco è posta a fianco l’ingresso alla sagrestia.
La chiesa della Ripa Bassa è dedicata alla visita di Maria alla cugina Elisabetta, fu originariamente edificata nel 1565 venendo poi distrutta e ricostruita nel 1945. La chiesa, rivolta a sud, è visibile anche dal fondovalle. Il tetto a capanna ha grandi in legno spiovente. Il portale centinato con conci di serizzo rosso sagomati e svasati verso l’esterno, è sormontato da una lunetta affrescata con l’immagine del Cuore Immacolato di Maria, mentre le due finestre laterali presentano negli archi superiori la raffigurazione di San Francesco e santa Teresa d’Avila. L’interno è a un’unica navata rettangolare divisa in due campate da due grosse colonne a tutto tondo che portano l’arcata. La chiesa è illuminata da finestre a tutto sesto. Un ingresso secondario è presente nella seconda campata. Il presbiterio con volta a botte, è leggermente ristretto rispetto alla navata e preceduto dall’arco trionfale in pietra, poggiante su pilastri quadrati, e prende luce dalla finestra posta a destra. L’altare maggiore in legno ha l’ancona del XVI secolo in barocco alpino raffigurante la Visitazione di Maria alla cugina Elisabetta con santi.
Costruito del XV secolo, il palazzo Milesi è rivestito di marmo grigio venato delle vicine cave di Ardesio. Mantiene intatta la sua facciata, con le cornici e le profilature delle finestre, così come i travetti che formano il soffitto nei salone centrale al primo piano. Due loggiati, soprapposti al portico di pianoterra, con i capitelli dalle colonne a foglie angolari tipiche dell’edilizia bergamasca lo datano nella metà del quattrocento. Il palazzo Ginami, cambiò proprietari in Franzini prima e Scacchi poi, mentre verso la fine del ‘700 passò alla famiglia Milesi. Una fontana circolare, presente nei documenti già dal 1399, di marmo bianco adorna la piazza di fronte al palazzo, che rimane uno dei pochi monumenti a non aver subito negli anni alterazione dell’arte barocca. Con atto del 1924, la famiglia Milesi cedette il palazzo all’amministrazione comunale, compresi i tanti documenti della fondazione Valerio Milesi, databili a un periodo che va dal XIV al XIX secolo, testimonianza del patrimonio culturale del territorio. Il palazzo è sede dell’amministrazione Comunale e dell’ufficio Turistico, mentre ai piani superiori ospita il Museo delle armi bianche e delle pergamene e il Museo EcoNaturalistico. Durante il periodo estivo vi si svolgono numerose mostre d’arte, che hanno visto tra gli espositori Cesare Paolantonio, Trento Longaretti.
Palazzo Bonetti
Posto nella parte centrale del borgo sull’antica via Milesi che conduce all’antica piazza del mercato, poi piazza Dante; è composto da più corpi con un cortile interno dove vi sono i sotterranei che nel medioevo erano adibiti a magazzini di deposito di spade e barre di ferro. Il palazzo era adiacente alla chiesa di San Luigi Gonzaga, e in prossimità dell’ospedale, poi soppressi. Il palazzo presenta il loggiato cinquecentesco posto su due ordini con colonnine in marmo e capitelli dorici. Un’antica leggenda, lo vorrebbe abitazione del brigante Rossì o Rusì, che nei locali dei sotterranei rinchiuse una giovane pastorella
Ville liberty
Lungo la mulattiera che porta dal borgo alla frazione Ripa troviamo alcune ville dall’architettura in stile Liberty dei primi novecento, realizzazione di Berardo Cittadini e adibite a residenze private.
Castello Ginami-Buccelleni e stemma
Castello Ginami
Costruito sopra uno sperone di roccia sulla parte più elevata del territorio, nella prima metà del XIII secolo della famiglia Bucelleni, il castello domina il paese. L’imponenza della torre armigera, rimasta quasi intatta nei secoli, ne è la sua caratteristica. Nel XVI secolo divenne di proprietà della famiglia Ginami, da cui ne prende il nome, continuando a subire modifiche architettoniche di ampliamento, fino al XVII secolo. Solo della prima metà del ‘900, è invece l’affresco di San Cristoforo che si trova sulla parete che si affaccia alla piazza. Il castello ospita un ristorante.
Castello e Torre Priacini o Torre del Lavanderio
Il castello ha una storia antica, la famiglia Priacini che da il nome al castello, risulta spostarsi nel XIV secolo a Bergamo, abiterà la torre Migliavacca dei Rivola, sarà Antoniolo Priacini nel 1399 a donare la torre alla Fondazione MIA con l’impegno di trasformarla in un ospedale. Un documento del 1428 nomina il Castello Priacini sopra un dosso del borgo di Gromo verso il torrente Goglio di proprietà della famiglia Bucelleni. Resta visibile, nella sua parte originale, solo la prima porzione della torre, detta del Lavanderio, mentre il resto del castello ha subito nel corso degli anni varie trasformazioni, presentandosi in stile castellato con torre, cortile interno e merlature.
La sera del Venerdì santo si svolge una processione notturna molto sentita dalla popolazione, lo splendore che avvolge questa processione è il frutto di una illuminazione curata nei minimi particolari tutti facenti perno sui simboli della passione di Cristo
In quel giorno si usa mangiare la maiassa, una torta particolare, fatta di farina gialla, cipolle, mele e fichi, condita con olio e poi cotta in forno
Sul territorio è presente l’associazione sportiva Sci Club Gromo, fondata il 13 dicembre 1952, con lo scopo di avviare ed educare i giovani dell’alta valle, allo sport alpino e successivamente allo sci di fondo

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