NEMBRO

Nembro [ˈnɛmbɾo](Nèmber [ˈnɛmbɛɾ] in dialetto bergamasco) è un comune di 11206 abitanti
I ritrovamenti più antichi rinvenuti sul territorio nembrese sono importanti reperti archeologici di cuspidi litiche rinvenute nel 1899 con gli scavi dell’argilla da mattoni della fornace Savoldi, risalenti al Paleolitico, ora custodite presso il Museo di Scienze Naturali di Bergamo. I primi insediamenti umani stabili risalirebbero invece al periodo delle invasioni galliche, databili attorno al V secolo a.C.
Il primo documento che attesta l’esistenza del borgo è databile all’anno 800 (un testamento di Lupone e Ansperto, due sacerdoti del luogo), ma alcuni ritrovamenti certificano che i territori comunali furono abitati già in epoca romana: nei pressi del torrente Carso vennero infatti rinvenute, nel 1971, monete romane databili attorno al III secolo.
Sono state inoltre ritrovate tre iscrizioni funerarie risalenti alla conquista dell’impero romano: la prima è una stele funeraria con busto di tale Lucio Celio Corneliano; la seconda è un’iscrizione sepolcrale di tale Mogizione; mentre la terza è un’epigrafe di Balbio Rufo, della tribù Palatina.
In quell’epoca Nembro fu al centro di una prima urbanizzazione e cominciò ad assumere un ruolo di notevole importanza nel panorama della provincia romana della Gallia Cisalpina grazie all’estrazione, unica sul suolo italiano, di pietre coti, utilizzate per affilare coltelli ed altri utensili da taglio. Quest’attività, inizialmente demandata agli schiavi, permise al paese di ergersi a importante stazione militare.
Importanza che crebbe notevolmente durante il Medioevo, epoca in cui il paese si sviluppò in modo considerevole, tanto da diventare il centro di riferimento della bassa valle Seriana.
Il territorio venne interessato dal passaggio della via Mercatorum, utilizzata da commercianti e viandanti per raggiungere la Valle Brembana, in quei tempi difficilmente raggiungibile utilizzando gli impervi sentieri del fondovalle.
Questa strada lastricata si sviluppava dalla città di Bergamo arrivando in breve a Nembro, dove guadagnava quota toccando Lonno, per salire poi fino a Salmezza e giungere a Selvino, tutti territori inclusi nei confini comunali di quel tempo. La strada scendeva poi verso Trafficanti (frazione di Costa Serina) e quindi giungeva a Serina.
Da essa il territorio trasse notevoli benefici economici, mediante la presenza di locande che ospitavano i viandanti, di stazioni per il cambio dei cavalli e di edifici di dogana.
L’importanza che Nembro ricopriva era ben visibile anche amministrativamente, con il territorio comunale che, oltre all’attuale censuario, si espandeva includendo sia Alzano Sopra, Selvino e Rigosa, borghi posti lungo il corso della via Mercatorum, l’ultimo dei quali facente parte della Valle Brembana, sia Pradalunga e Cornale collocati nell’oltreserio.
Nembro fu anche sede della Plebana ecclesiastica della Valle Seriana, che era la più importante e antica fra le dodici Pievi in cui era suddivisa la diocesi di Bergamo e che subordinava alla sua giurisdizione ecclesiastica, unitamente a Clusone, quarantotto parrocchie del circondario.
Il Medioevo fu anche un periodo in cui il borgo, dopo essersi sottratto al giogo feudale imposto dal vescovo di Bergamo, si trovò al centro di sanguinose dispute tra le avverse fazioni di guelfi e ghibellini, con le famiglie Vitalba e Suardi a fronteggiarsi per il controllo della zona. Il livello di recrudescenza fu tale da rendere de facto il paese diviso in due: Nembro superiore sotto il controllo ghibellino con il relativo quartier generale posto presso il colle di San Pietro, e Nembro inferiore ad appannaggio dei guelfi, con la fortificazione di riferimento ubicata sul colle dello Zuccarello.
Sorsero inoltre numerose edificazioni difensive anche nel centro abitato, che ponessero al riparo da attacchi delle fazioni avverse. Tra queste vi era la torre fortificata della famiglia Plizolis (oggi Pelliccioli), edificata nel 1413, tuttora esistente e recante qualche traccia dell’antica struttura.
In tale contesto si contarono decine di persone uccise, con l’apice raggiunto nel marzo del 1315 quando i guelfi attaccarono ed espugnarono la rocca ghibellina posta sul colle di San Pietro, dando poi fuoco alle abitazioni della zona nord del paese. Gli abitanti si rivolsero quindi a Ludovico Visconti, podestà della città di Bergamo, affinché ripristinasse la situazione precedente. Questi rispose attaccando la rocca con una consistente guarnigione composta da quattromila fanti che tuttavia, complice la disorganizzazione nelle fasi salienti della battaglia, ne uscì sconfitta. Si decise allora di far intervenire direttamente Matteo Visconti, signore della città di Milano, il quale, mediante un attacco notturno, riuscì a riprendere possesso del fortilizio il 15 maggio.
Un secolo più tardi un’altra battaglia si verificò sul suolo nembrese, questa volta nell’ambito delle lotte tra la Repubblica di Venezia e il Ducato di Milano per ottenere la supremazia della provincia di Bergamo.
I fatti si svolsero presso la località Cà di cap, posta nei pressi del confine con Albino, il giorno 11 gennaio 1454 con protagonisti il condottiero bergamasco Bartolomeo Colleoni, al servizio dei milanesi, e Ludovico Malvezzi, al comando delle truppe della Serenissima. Il primo ebbe la meglio grazie a una riuscita manovra, garantita dalla conoscenza del territorio. In quel punto, in cui la valle si restringeva tra il fiume Serio e il monte Cereto, Colleoni riuscì ad aggirare il nemico guadando il fiume e contestualmente colpendolo di sorpresa mediante il lancio di grosse palle di neve fatte rotolare dalle scoscese pendici del sovrastante monte Cereto
Pochi anni più tardi si arrivò alla definitiva pacificazione grazie all’avvento della Repubblica di Venezia che diede il via a un periodo di tranquillità in cui l’intera zona riprese a prosperare. Si svilupparono ulteriormente i commerci e fu dato nuovo impulso all’industria delle pietre coti nonché all’allevamento, alla selvicoltura e all’orticoltura, in quanto il territorio nembrese, di tipo pedemontano e boscoso, solo in rari casi presentava proprietà private superiori all’estensione di 1 ettaro (quasi sempre meno di 1 ettaro)
La Serenissima decise di eliminare tutte le fortificazioni: le torri furono utilizzate come abitazioni e i due principali fortilizi vennero riconvertiti in edifici religiosi che presero il nome dal colle su cui sorgevano: la chiesetta di San Pietro e il Santuario dello Zuccarello, tuttora esistenti.
Tuttavia tra il XVI e il XVIII secolo si verificarono una serie di eventi che segnarono notevolmente la storia del paese. In primo luogo la disgregazione territoriale, che portò prima Alzano Sopra e Alzano Maggiore, poi Rigosa, Selvino, Cornale e Pradalunga a ottenere l’autonomia amministrativa dal capoluogo. Questa causò, oltre a una notevole riduzione dei confini comunali, anche una notevole riduzione dei proventi derivanti dai commerci, con l’aggiunta del fatto che gran parte delle cave di pietre coti era collocata presso Pradalunga.
A questa situazione si aggiunse la costruzione, da parte della Serenissima, della via Priula, nuova strada che permetteva di raggiungere l’alta Valle Brembana direttamente da Bergamo, escludendo di fatto il tratto nembrese della via Mercatorum. Ulteriori eventi negativi vennero da carestie ed epidemie di peste, su tutte quella del 1630 che decimò la popolazione, lasciando soltanto 744 superstiti a fronte dei precedenti 2700 residenti.
La crisi e la consequenziale miseria che ne scaturirono durarono fino al XIX secolo, quando vennero costruiti opifici (filatoi di seta) e altri stabilimenti lungo le rive del Serio: il filatoio Valli, le industrie Giovanni Blumer & C., le fornaci per la calce e laterizi Savoldi e quindi gli insediamenti industriali tessili Crespi. Questi ultimi stabilimenti furono collocati nei pressi di due canali artificiali di antica origine: la roggia Serio Grande e la roggia Morlana, da cui poterono trarre l’energia necessaria al funzionamento dei macchinari. Conseguentemente, nel periodo compreso tra il 1881 e il 1901, la popolazione ebbe un notevole incremento, che fece raggiungere 4779 abitanti, 440 dei quali occupati nell’azienda citata, a fianco della quale si sviluppò un nuovo quartiere operaio.
Un ulteriore impulso venne dalla realizzazione della Ferrovia della Valle Seriana che, inaugurata nel 1884, rimase operativa fino al 1967, anno in cui fu smantellata. Sulla sede su cui questa scorreva, limitatamente al tratto che da Bergamo giunge ad Albino, nel 2009 è stata inaugurata una linea di metropolitana leggera denominata Tranvia Bergamo-Albino, che ha assunto una certa importanza per via di quattro sue fermate poste nel comune (Nembro Camozzi, Nembro Centro, Nembro Saletti e Pradalunga). La linea è frequentata da tutti coloro che desiderino dirigersi nella Valle Seriana.
A dimostrazione dell’importanza religiosa che Nembro ha ricoperto fin dal V sec. d.C. è la chiesa Arcipresbiterale Plebana dedicata a San Martino vescovo di Tours, il più rilevante edificio religioso presente sul territorio comunale. Edificato nel 1424 ma completamente modificato fra il 1752 e il 1777 dall’architetto Luca Lucchini di Certenago[11], risulta essere la chiesa più grande della diocesi di Bergamo.
La struttura si impone sull’ambiente circostante. Ha una pianta a croce greca con due maestose cupole di cui una ellissoidale. Presenta una facciata con due cornicioni orizzontali e suddivisa in tre ordini. Nel principale ordine è collocato il portale d’ingresso con ai lati, in quattro nicchie, le statue dei santi: San Fulgenzio di Ruspe, Agostino, Simpliciano e Tommaso da Villanova. Nel secondo ordine si trovano due nicchie laterali raffiguranti i santi: Nicola da Tolentino e Giuliano, con quelle di sante Monica e Santa Chiara poste sul cornicione in posizione più esterna. Il terzo è costituito da un timpano a forma triangolare su cui è collocata una croce.
All’interno presenta numerose opere d’arte, che testimoniano l’importanza che la chiesa ha ricoperto nei secoli passati: la più antica pare essere una tavola, databile intorno alla fine del XV secolo e proveniente dall’antica Chiesa Plebana, dipinta a olio, presso l’altare di San Bonifacio, raffigurante Cristo risorto fra Santi, opera dei pittori Zamaris di Chiari. Di rilevanza artistica è il ciclo pittorico di venticinque opere eseguite da Enea Salmeggia, i dipinti raffiguranti la Sacra famiglia di Ponziano Loverini, il Convito di Baldassarre e Mosè fa zampillare l’acqua dalla roccia di Antonio Cifrondi, la Madonna col Bambino, angeli e santi di Giovanni Raggi, la Pietà di Mauro Picenardi e una serie di dipinti di Vincenzo Angelo Orelli e del padre Giuseppe, tra cui il Padre Eterno in Gloria, il Sacrificio di Mosè, il Sacrificio di Melchisedec, il Sacrificio di Abramo ed il Sacrificio di Gedeone. Nella sagrestia sono inoltre collocate una Pietà di Carlo Ceresa e una Madonna col Bambino in trono e i santi Bernardino e Diego di Giacomo Cotta. Altre opere più recenti portano la firma di Marcello Bonomi, Giuliano Volpi, Giovanni Pezzotta e Giuseppe Carnelli.
Interessanti sono pure il Battistero e una pila dell’acqua lustrale in marmi policromi, datati 1614 e 1616, nonché una statua lignea della Pietà di scuola fantoniana.
Le scale, le inferriate e la gradinata di accesso alla grande cripta sono state recuperate dall’antica Chiesa Plebana del 1424, come pure l’altare in marmi policromi e la balaustra. Infine presso la cripta presbiteriale sono collocate le tombe degli arcipreti plebani e dei sacerdoti defunti prima dell’anno 1805. Sono da menzionare le decorazioni (1896) e l’affresco “Martirio di San Bonifacio” (1906) realizzati per l’arcipretale, opera degli artisti Nicola e Luigi Savoldi
Sempre in ambito religioso, nel centro storico si trova la chiesa di Santa Maria Assunta in Borgo. Sottoposta a intervento di ripristino, durante il quale sono emerse le fondazioni di altre due chiese, anteriori all’anno 1000, con tombe medievali. La chiesetta possiede diversi affreschi del XV-XVI secolo ed è dotata di un portale in pietra locale sul cui cuneo, che ne chiude la facciata, è scolpita la data della costruzione: 1258.
Poco distante è la chiesa trecentesca dedicata alla “Madre della Misericordia” detta di San Sebastiano, con affreschi dei secoli XIV e XV, un notevole polittico su due livelli con dieci tavole della fine del XV secolo di Gian Giacomo Gavazzi da Poscante con le due tavole dei Santi patroni, opera della bottega dei fratelli Marinoni di Desenzano al Serio. Vi è inoltre un piccolo organo ottavino portativo da sala del Seicento che, a detta della Soprintendenza regionale, è l’unico strumento superstite di questo tipo
Interessanti sono anche la chiesa di San Nicola da Tolentino, edificata nel 1509 e posta nell’omonimo quartiere, con annesso convento degli Agostiniani soppresso ai tempi della Repubblica Cisalpina nel 1805, nonché il santuario dello Zuccarello. Posto in posizione dominante, luogo di pellegrinaggi popolari, venne edificato in luogo di un antico fortilizio della famiglia Vitalba nel 1374. Più volte ampliato e rimaneggiato nel corso dei secoli XVI, XVII e XX, conserva affreschi e dipinti databili attorno al XV-XVII secolo.
Altro edificio ecclesiastico, di piccole dimensioni, è la chiesa di San Pietro che, posta sul colle omonimo, venne costruita in parte sui muri perimetrali di quella che si suppone fosse un’antica fortezza abbattuta su istanza di San Bernardino da Siena durante la predicazione del quaresimale nell’anno 1415.
Molto antica è anche la chiesa di San Faustino di Brescia, attorno alla quale si è sviluppato l’omonimo quartiere. Citata già in documenti del 1248 come piccola chiesa agreste, rimase per secoli ai margini della vita religiosa nembrese, spesso in stato di semi-abbandono. Acquisì importanza sul finire del XIX secolo, grazie al rilevante sviluppo edilizio della zona circostante.
Ristrutturata nel 1965, presenta un unico grande ambiente adornato di arredi semplici e moderni.
Per ciò che concerne l’architettura civile, interessante è il centro storico, che ancora conserva tracce dell’originale struttura, caratterizzata da vie strette ed edifici con pietre a vista, alternati a corti e piazze, interessate da alcuni interventi di ripristino, specialmente per quanto riguarda piazza della Libertà. Costruita in epoca fascista con il nome di piazza del Littorio e per questo chiamata per decenni “piazza Balilla”, ospita il municipio (un tempo casa del fascio) e l’auditorium “Modernissimo”, inizialmente adibito a casa della Gioventù italiana del Littorio, opera di Alziro Bergonzo.
Altra opera di rilievo è il ponte sul fiume Serio, in stile romanico, costruito nel 1591 e parzialmente ricostruito dopo una piena del fiume nell’anno 1821. Tuttora transitabile, collega il paese con la frazione Gavarno e il comune di Pradalunga.
Testimonianze rilevanti di archeologia industriale sono l’abbozzo di “villaggio del lavoro” di Benigno Crespi, concepito per gli operai del cotonificio, con annessa villa padronale (prima Crespi, poi Fabiani, amministratore): oggi parzialmente demolito il primo e in stato d’abbandono la seconda. Il progetto del quartiere operaio fu poi ampliato e portato al massimo compimento a Crespi d’Adda. Da citare è anche la ex Filatura Blumer, edificata da Giovanni Blumer nel 1870, complesso industriale del quale facevano parte anche alcune case operaie. L’industria, che impiegava circa 300 dipendenti, era costituita da due centrali poste in corrispondenza dei salti dell’acqua della roggia, a nord e a sud. Nel 1936, a seguito del fallimento dell’azienda, per opera della famiglia Fraschini la filatura fu trasformata in una ditta metallurgica.
Qualche esempio di architettura signorile in stile Liberty (noto anche come floreale o Art Nouveau) è offerto da alcune dimore presenti nel paese, fra le quali la villa che fu dell’artista e uomo d’affari Nicola Savoldi e altre, quali villa Gambarelli, caratterizzata da eleganti affreschi ornamentali esterni che corrono lungo il perimetro dell’edificio all’altezza del tetto. Tra gli edifici civili di valore architettonico vanno menzionati casa Bonomi (ex Riccardi), la cui parte bassa risale al XV secolo, mentre quella alta, posteriore, al XVII secolo e il notevole edificio seicentesco soprannominato “ol Palas di lader” (Il Palazzo dei ladri), con saloni dai soffitti in legno a cassettoni, ex sede della biblioteca.
Per quanto riguarda l’ambito naturalistico, numerosi sono i percorsi che si sviluppano sul territorio comunale. Tra questi va menzionato il sentiero che perviene al Santuario dello Zuccarello, raggiungendo la frazione Lonno. Numerosi sono i sentieri che raggiungono i monti circostanti, tra cui il Cereto, il monte Valtrosa già citato da Bartolomeo Vitalba fin dal 1477, il Podona e i paesi di Selvino e Salmezza.
Lungo tali percorsi si trovano esempi di architettura rurale, che presenta varie tipologie di edifici. Fra queste va citato il nucleo della frazione di Trevasco, comprendente anche la località Piazzo. A Piazzo si segnala il villino Rumi, in passato legato alla famiglia dell’artista e uomo d’affari Donnino Rumi, che guidò l’azienda omonima di motociclette sino al 1960, mentre a Trevasco è d’interesse l’edificio detto “Palàs” (Palazzo) e, nel Nuovo Catasto Terreni del 1901, “casino”, con segni dell’antica presenza di affreschi, trasformato in ristorante durante il secolo scorso e oggi in stato di grave abbandono.
Alle pendici del monte Valtrosa vi sono le cosiddette “Ca’ Olt” (Casa alta) e “Ca’ Bas” (Casa bassa), che presentano tratti architettonici a metà fra il casolare e il rustico, nonché la casa detta di “Navanzino” (ex Savoldi), nel XIX secolo con fondo boschivo, oggi in stato di conservazione precario. Il casino di caccia “Canaletta” con relativo fondo boschivo, edificio giallo ocra dalla caratteristica pianta rettangolare estesa in lunghezza, risalente al XVIII secolo e che conserva opere di Nicola Savoldi. Adiacente al citato fondo si trova anche il nucleo abitativo noto come località Botta, che presenta oggi qualche traccia di architettura rustica. Da notare in molti di questi edifici un tratto caratteristico dell’architettura bergamasca, come rilevato da Luigi Angelini: le balconate di legno con i montanti collegati al tetto destinate a reggere prodotti del campo da essiccare, ma anche elemento decorativo dominante. Alle pendici del colle San Pietro, costruita in quello che era designato come fondo Ripa, si segnala villa Pietro Savoldi detta “Amabilia”, edificio del XIX secolo in stile Liberty (oggi consistentemente rimaneggiato) e sul colle stesso casa Gilberti, del XIX secolo, oggi in stato d’abbandono.
Inoltre va menzionata la Ciclovia della Valle Seriana che transita nel comune lungo il corso del fiume Serio e che offre passeggiate a piedi o in bicicletta di carattere naturalistico. Tale zona è stata recentemente interessata dall’istituzione di un PLIS denominato NaturalSerio che ha l’intenzione di preservare e valorizzare ulteriormente il territorio posto tra la riva del fiume Serio e le rogge che da esso derivano, tra le quali la Roggia Serio Grande, la roggia Morlana e, sul versante orografico sinistro, la roggia Borgogna-Pradalunga.
Esistono anche due musei: il Museo Pietre Coti Valle Seriana (MUPIC), ospitato dalla ex casa Bonorandi, e il Museo della Miniera. Entrambi intendono ricordare quella che per secoli è stata la principale attività della popolazione nembrese: il lavoro nelle miniere. Il primo raccoglie documentazioni inerenti alla storia delle pietre coti, ricostruendo storicamente le condizioni di vita nei secoli scorsi; il secondo focalizza maggiormente l’attenzione sulle condizioni di vita dei minatori e degli emigranti.
A Nembro si riscopre la mèasa, ed è subito successo. Il dolce tradizionale, riproposto in chiave moderna, va già a ruba. Una scommessa nata dalla volontà di recuperare una tradizione e un sapore legato al tempo passato: a Nembro, grazie ad un’iniziativa dell’amministrazione comunale, è stata recuperata la mèasa. Si tratta di un dolce semplice, che racchiude l’anima di una volta, purtroppo andato perduto dal secondo dopoguerra. Ma la ricetta era conservata nel libro del professor Giampiero Valoti “Piccolo viaggio nella gastronomia tradizionale nembrese”.
L’obiettivo era quello di riproporre il dolce tipico. Il progetto si inserisce nel contesto di Visit Nembro, la realtà di promozione del territorio che punta a diffondere le bellezze artistiche, culturali, naturalistiche e anche enogastronomiche. Patrizio Zaninoni, titolare della panetteria “Panificio Zaninoni Voglia di Pane “, su invito dell’amministrazione, ha così reinterpretato la ricetta in chiave moderna, ma senza snaturarne l’anima. Così da pochi giorni a Nembro si può gustare la mèasa fatta con i frutti di stagione quali: fichi secchi, uvetta e mela.

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