GANDINO

Gandino [ɡanˈdiːno] (Gandì [ɡanˈdi] in dialetto bergamasco) è un comune di 5191 abitanti.
I reperti più antichi sono alcuni manufatti in selce emersi presso la località “Campo d’Avene”, distesa erbosa posta alla testata della “valle d’Agro”, riconducibili al Paleolitico superiore, in un periodo compreso tra il XIII e l’XI millennio a.C.. Nella vicina “conca del Farno” sono stati rinvenuti differenti elementi litici riconducibili al paleolitico, presso la “pozza dei morti della Montagnina”, ed altri a forma triangolare presso la pozza della Guazza databili al periodo Mesolitico, tra l’XI e il IX millennio a.C..
Al Neolitico (IX-IV millennio a.C.) appartengono invece i cocci in ceramica, le selci e i carboni emersi presso la “pozza dei sette termini”, indice di come la zona fosse frequentata da sporadiche presenze di cacciatori, pastori e mandriani nomadi.
A partire dal I secolo a.C. il territorio fu interessato dalla conquista dei Romani che a livello amministrativo vi istituirono un vicus, a sua volta incluso nel Pagus Saturnius che raggruppava i centri della val di Scalve e della media e alta val Seriana.
Al termine della dominazione romana vi fu un periodo di decadenza e abbandono del centro abitato, con la popolazione che sovente era costretta a cercare riparo sulle alture circostanti al fine di difendersi dalle scorrerie perpetrate dalle orde barbariche. La situazione ritornò a stabilizzarsi con l’arrivo dei Longobardi, popolazione che a partire dal VI secolo si radicò notevolmente sul territorio, influenzando a lungo gli usi degli abitanti: si consideri infatti che il diritto longobardo rimase de facto attivo nelle consuetudini della popolazione fino alla sua abolizione, avvenuta soltanto al termine del XV secolo.
Con l’arrivo dei Franchi, avvenuto verso la fine dell’VIII secolo il territorio, formato da agglomerati sparsi, venne sottoposto al sistema feudale, con il paese che inizialmente venne assegnato, al pari di gran parte della valle, ai monaci di Tours. Ed è a questo evento a cui si riferisce il primo documento scritto che attesta l’esistenza del paese: è il 17 agosto 774 quando, in un atto rogato redatto a Pavia, l’imperatore Carlo Magno dona ai suddetti religiosi la valle Camonica cum salto Candino, dove salto starebbe a indicare l’intera valle Gandino.
Con il passare degli anni al potere vescovile si affiancò quello di alcune famiglie della zona, che riuscirono a ottenere sempre più spazio, passando dal ruolo di grandi proprietari a quelli di feudatari de facto. È il caso dei Ficieni, originari della città di Bergamo, ai quali sul finire dell’XI secolo il Vescovo concesse in feudo le terre di Gandino, Cirano, Barzizza, Cazzano e Leffe.
La nascita definitiva dell’istituzione comunale risale invece al 6 luglio 1233, quando Arpinello Ficieni, dopo aver ereditato dal padre il feudo della val Gandino, decise di cedere in perpetuo tutti i suoi diritti feudali al comune di Gandino. Il passaggio di consegne venne firmato tramite un atto pubblico alla presenza dell’Arengo (l’assemblea del popolo) comandato da tre consoli, per la somma di 950 lire imperiali. L’atto detto di Emancipazione, è conservato presso la Sala della Valle. Qualche anno più tardi, nel 1247, seguì anche l’acquisizione delle terre e dei diritti della famiglia Adelasio, per la cifra di 1.010 lire imperiali.
Numerosi erano difatti i tosatori di pecore, i fabbri e i falegnami per la costruzione di telai, i carrettieri per il trasporto dei materiali, gli operai del follo per la tintura, la striatura, la cimatura e la cardatura di quelli che vennero chiamati pannilana. In breve tempo Gandino raggiunse il vicino paese di Vertova a livello di produzione e di commercio, diventando mercato di riferimento della media valle.
Dopo aver redatto il primo statuto comunale verso la metà del XIII secolo, Gandino venne inserito nella circoscrizione denominata “Facta di san Lorenzo” con un territorio che non includeva Barzizza ma comprendeva Peia, come indicato negli statuti della città di Bergamo del XIV e XV secolo.
Tuttavia l’età comunale era agli sgoccioli: l’elevato tasso di litigiosità tra compaesani portò la cittadinanza a consegnarsi, nel 1331, al Duca di Lussemburgo e Boemia, un sovrano ritenuto neutrale. La sua assenza dalla vita politica locale però portò i Visconti, signori della città di Milano, a conquistare la città di Bergamo e le relative valli.
Nel 1369 nel paese, suddiviso tra le contrade “Cima Gandino”, “Mezzadora”, “Fondo Gandino”, “Cirano” e “Peia”, venne stimato il numero di 1.900 abitanti. Quegli anni però furono anche caratterizzati da un progressivo sfaldamento dell’equilibrio sociale, che risentì negativamente delle lotte di fazioni tra guelfi e ghibellini.
A partire dal 1397 ebbe inizio la costruzione di una cinta muraria attorno a Gandino e Cirano, edificata grazie al contributo di tutti i cittadini, sia a livello economico (ognuno in base alle proprie ricchezze) che di manodopera. Al termine dei lavori, nel 1415 il paese si ritrovò con una muratura con uno sviluppo pari a due chilometri, circondata da un fossato e dotata da otto porte con altrettante torri.
In seguito alla Pace di Ferrara, ai Visconti subentrò la Repubblica di Venezia, e anche questa volta il paese si sottomise ai nuovi dominatori, tanto che nelle guerre del 1437 nove gandinesi morirono sotto la bandiera del leone di san Marco.
Una volta stabilizzatasi la situazione politica, Gandino visse il periodo più florido della sua storia. A partire dalla seconda metà del XVI secolo fino alla fine del successivo, il mercato della lana toccò l’apice dello splendore, con numerose famiglie gandinesi che posero le basi dei propri commerci in differenti zone della penisola italiana e dell’Europa. Tra queste i Giovanelli, i Castelli, i Sizzi, i Noris, i Conzadoni, i Caccia, i Rottigni, i Bonduri, i Del Negro, i Peruzzi e i Raffaelli, dei quali si segnalarono succursali a Napoli, Ancona, Foggia, Verona e Trento, ma anche in Tirolo, in Austria ed in Ungheria.
A partire dalla metà del XVIII secolo il commercio della lana subì un forte declino. Ciò fu causato da una forte perdita di competitività data da molteplici fattori: in primo luogo il livello medio-basso dei pannilana prodotti in val Gandino, che risentì quindi della concorrenza estera; la politica asburgica che inserì misure protezionistiche per favorire i prodotti austriaci; la scarsa innovazione dei prodotti gandinesi, non attenti quindi alle nuove tendenze del mercato. Le più facoltose famiglie del paese, su tutti i Giovanelli, i Peruzzi e i Raffaelli, emigrarono nei domini asburgici, dove abbandonarono i commerci, investendo i propri beni in possedimenti terrieri e nell’acquisizione di cariche nobiliari. La crisi fu ulteriormente acutizzata da dazi che la Repubblica di Venezia impose sui pannilana, provocando una vera e propria agonia del commercio gandinese, tanto che nel 1775 i poveri nel paese vennero stimati nel numero di 1.796, pari al 64% dell’intera popolazione.
E poi la storia di Gandino si ripete come per tutti gli altri comuni con alternanze di lotte e dominazioni
In seguito all’unità d’Italia si ebbe un elevato incremento della produzione industriale, situazione che vide il proprio apice tra il termine del XIX secolo e l’inizio del XX. Alcune industrie si svilupparono notevolmente, tra cui quelle gestite dalle famiglie Radici e Testa, tra i primi a utilizzare l’energia elettrica ricavata dal corso del torrente Romna.
In ambito amministrativo, nel 1927 il regime fascista, perseguendo una politica volta a accorpare i centri più piccoli in favore di quelli con dimensioni maggiori, aggregò il comune di Barzizza a Gandino, che assunse quindi il nuovo aspetto amministrativo.
Durante la seconda guerra mondiale, nel periodo dell’occupazione tedesca e della Repubblica Sociale Italiana, trovarono rifugio a Gandino diverse famiglie di profughi ebrei stranieri (una sessantina circa) giunte in zona, in regime di domicilio coatto, già nel periodo precedente all’8 settembre 1943.
Dopo il passaggio dalla monarchia alla repubblica, avvenuto nel 1946 con un referendum, che a Gandino vide la vittoria di misura dei repubblicani (1.422 contro 1.309), nella seconda parte del XX secolo nel paese le realtà legate all’industria tessile subirono una flessione, venendo affiancate e sostituite da attività operanti nei settori meccanico e meccano-tessile, ambito nel quale ebbe uno sviluppo internazionale il gruppo Radici, di proprietà dell’omonima famiglia. Il rallentamento dell’industria laniera provocò il passaggio della leadership industriale della val Gandino al vicino comune di Leffe. A Gandino è presente un importante Museo storico di artigianato tessile regionale.
Altro settore che vide una notevole espansione fu il turismo: nel 1951 fu inaugurata la seggiovia che permetteva di raggiungere il monte Farno, con una corsa di 2.300 metri, che la rendevano la più lunga della Lombardia. Questa fu dismessa nel 1976 in seguito all’apertura della strada carrabile che diede un ulteriore impulso alla frequentazione della zona in questione.
Innumerevoli sono le chiese a Gandino oltre la chiesa prepositurale, assurta a ruolo di basilica e dedicata a santa Maria Assunta. Posta nel cuore del vecchio centro storico, da sempre ha ricoperto grande importanza per i propri abitanti.
La Chiesa di san Carlo, posta nell’omonima via ed edificata tra il 1610 e il 1638 con annesso monastero femminile, inizialmente soggetto alla regola di san Benedetto. Soppresso nel 1810 dalle normative napoleoniche, fu ricostituito nel 1818 quando vi fecero ritorno altre religiose, questa volta aderenti all’ordine delle Suore orsoline di Maria Vergine Immacolata, che vi risiedono. Al piano terreno vi è un chiostro con un loggiato con colonne in stile dorico, mentre al primo piano gli stessi elementi portanti sono replicati con misure dimezzate.
La Chiesa del Sacro Cuore, posta in via san Giovanni ed adibita ad abitazione del curato;
La Chiesa di San Giuseppe Sposo di Maria Vergine, edificata nella prima parte del XVI secolo dall’omonima confraternita che vi è presente.
La Chiesa di San Pietro Martire, sita nella contrada di “Cima Gandino”, con struttura primitiva risalente al termine del XVII secolo e completata un secolo più tardi.
La Chiesa di San Rocco, posta in località “Biffone” su uno sperone di roccia a strapiombo sul torrente Romna, edificata nel periodo immediatamente successivo alla peste del 1630, in luogo di una piccola tribulina costruita in seguito all’epidemia di tifo petecchiale degli anni 1528 e 1529.
La Chiesa di Santa Croce e Sant’Alessandro, quattrocentesca, dov’è presente la confraternita della Madonna del Carmine;
La Chiesa di Santa Maria Nascente (detta anche del Suffragio, per via della congregazione in essa presente), secentesca;
La Chiesa di Santa Maria degli Angeli, in località “Valpiana”, a un’altezza di circa 1.000 m s.l.m.
La Chiesa della Beata Vergine Addolorata, inizialmente dedicata a sant’Antonio e inaugurata nel 1924, presso il monte Farno.
La Chiesa parrocchiale di San Lorenzo, nella frazione di Barzizza, il cui primo nucleo risale al XV secolo, ma ricostruita nel secolo successivo e modificata nel 1880;
La Chiesa di San Giacomo Apostolo, cinquecentesca, nell’altro nucleo di Cirano.
La Chiesa dei Santi Bartolomeo e Gottardo, nel nucleo di Cirano,
L’Ex monastero francescano di Santa Maria delle Grazie, costruito nel XV secolo e soppresso con l’avvento della Repubblica Cisalpina.
Il territorio comunale di Gandino offre innumerevoli possibilità per chiunque volesse passare un po’ di tempo nella natura. I monti che sovrastano l’abitato, che fungono da spartiacque con le vicine valli Borlezza e Cavallina, garantiscono infatti itinerari adatti alle più svariate esigenze: si va dalla semplice passeggiata adatta a bambini e meno giovani, alle tracce utilizzate per trekking e mountain bike, fino alla pratica di parapendio (la cui scuola è posta sulle pendici del monte Farno) e, nel periodo invernale, anche sci da fondo, disciplina per la quale esiste un percorso attrezzato nella conca del Farno.
Un appuntamento particolarmente interessante è la “Fiera di San Giuseppe”, che si svolge ogni anno alla quarta domenica di Quaresima. Questa in gergo locale viene chiamata la féra dé palpacüi, in quanto si svolge in vie così strette che gli avventori sono costretti a muoversi quasi a contatto tra loro.
Durante il periodo pasquale si svolge inoltre una curiosa usanza: per l’intero periodo della Settimana Santa, tutte le campane vengono “legate”, ovvero cessano di suonare durante le ore del giorno. In sostituzione, alcuni fedeli salgono sul terrazzo del campanile e, girando attorno alla cupola, “avvertono” la popolazione dell’inizio delle funzioni religiose, gridando, a seconda dei casi, le formule “Ave Maria” e la funziù (la funzione). Il gesto viene scandito dal suono della tola (battola), un particolare strumento composto da un’asse di legno con imperniati due battenti di metallo.
Particolarmente interessante è la tradizione campanaria e nello specifico il repertorio “d’allegrezza”, ossia le circa 200 sonate eseguite sulla tastiera: c’è un programma annuale definito per l’esecuzione e il “campanaro effettivo o titolare” e il “campanaro aiuto” sono coloro che portano avanti questa tradizione (il gruppo campanari invece suona a corda). Merita una menzione particolare la trascrizione completa del repertorio delle sonate (basilica e chiese sussidiarie) permettendo solo così di trasmettere alle future generazioni le sonate originali senza lasciare al libero arbitrio l’esecuzione.
Un’altra iniziativa folkloristica è la “corsa delle uova” (Corsa de öf nel dialetto di Gandino), che si svolge con cadenza annuale dal 1931. Si tratta di una vera sfida agonistica che vede protagonisti due atleti: il primo deve percorrere di corsa, nel minor tempo possibile, il tratto Gandino-Fiorano Al Serio-Gandino, per un totale di poco superiore ai 12 chilometri. Il secondo contemporaneamente deve raccogliere una alla volta cento uova, poste ad un metro l’una dall’altra lungo la gandinese via Dante, che separa piazza Vittorio Veneto dalla chiesa di Santa Croce.

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