CUSIO

Cusio [ˈkuːzjo] (Cüs [ˈkys] in dialetto bergamasco è un comune di 235 abitanti.
In epoca medievale il borgo, posto sotto il dominio dei Visconti vide instaurasi una consuetudine che voleva due abitanti del luogo, eletti a rotazione, dirigere la spartizione del denaro ricavato dalla vendita del legname e dell’affitto dei prati adibiti a pascolo nelle zone del Monte Avaro ed il Monte Foppa. Questo per il fatto che il contesto naturalistico in cui il paese era inserito veniva considerato patrimonio della collettività e non del singolo, e tutti contribuivano come potevano. Usanza che continuò anche con l’avvento della Repubblica di Venezia la quale, per non gravare sulla fragile economia locale, decise di non imporre alcun tributo agli abitanti.
Era usanza comune dire che Cusio «non aveva nient’altro da offrire che il sangue dei suoi abitanti».
La Serenissima inoltre istituì una piccola dogana, presso il valico alpino di Salmurano, posto a monte dell’abitato, al fine di controllare i traffici con la vicina Valtellina.
In assenza di emblemi storici, l’amministrazione comunale affidò a Giovanna Begnis, autrice di altri stemmi della val Brembana, la creazione di un nuovo emblema comunale. Come simbolo è stato scelto l’albero di carpine, presente abbondantemente sul territorio, fatto di un legno duro, adatto alla fabbricazione di attrezzi rurali o come combustibile. Le caratteristiche di questo albero hanno conferito agli abitanti l’appellativo carpègn dé Cus, “i carpini di Cusio”, in quanto la tradizione attribuisce loro un carattere piuttosto ostinato e duro
Storicamente interessante è il vecchio palazzo della Dogana Veneta, posto al valico di Salmurano, anche se ormai si trova in condizioni fatiscenti.
Il nome di CUSIO “chiuso” sembra derivare dalla sua posizione geografica, che lo vede chiuso tra i monti che lo circondano. L’economia di Cusio, prettamente pastorale non consentì nell’antichità di sviluppare traffici o mestieri che permettessero ai suoi abitanti di sollevarsi da una condizione molto disagiata. Costretti a coltivare piccoli campi a segale, orzo patate, furono sottoposti frequentemente alla fame ed alla miseria. Quando la strada di collegamento con gli altri centri della Valle (verso il 1750) permise a Cusio di aprirsi dall’isolamento, Cusio fiorì.
Nella quiete della vallata, accanto alle folte abetaie crescevano a ridosso delle cascine robusti alberi di noce, che nella mente e nella mano dei nativi Rovelli diventavano preziosi simulacri, degni come pochi di entrare nella casa del Signore. Cassettoni, armadi, pulpiti, e confessionali si arricchivano di un’arte che, senza indulgere al virtuosismo, pur operando ad intaglio ed intarsi, esprimeva nelle figure e nelle decorazioni l’essenzialità di una trama convincente e riflessiva.
Come del resto doveva essere l’anima di chi era cresciuto a Cusio fra questi monti, ritraendone l’impronta del carattere.
Inserito in un contesto naturalistico di grande spessore, il territorio comunale offre un ventaglio invidiabile di opzioni a chiunque voglia soggiornarvi: si va dal trekking, e relative escursioni impegnative, a semplici passeggiate adatte a chiunque voglia passare qualche momento a contatto della natura. Durante il periodo invernale la zona diventa meta di numerosi sciatori grazie agli impianti presenti nella zona del Monte Avaro, consorziati tra i vari paesi della valle Averara.
La parrocchiale di Santa Margherita, risalente al XV secolo e riedificata nel XVIII secolo, custodisce opere di pregio tra le quali il polittico di Andrea Previtali dove centralmente è presente la statua della Madonna col Bambino dei primi anni del Cinquecento.
Santa Maria Maddalena apparteneva alla parrocchia di Santa Margherita vergine e martire di Cusio, che a sua volta rientrava nella vicaria di Santa Brigida, di rito ambrosiano.
In tempi passati la chiesa era luogo di passaggio per i viaggiatori che si stavano spostando lungo i passi di montagna delle zone di Ornica e della Valtellina.

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