CAPRIATE SAN GERVASIO

Capriate San Gervasio [kapɾiˈaːte sanʤeɾˈvaːzjo] ascolta[?·info] Cavriàt San Gervàs [kavɾiˈat sanʤɛɾˈvas , kavɾiˌasːanʤɛɾˈvas] in dialetto bergamasco, Capriàa San Gervàsi [kapɾiˈaː sanʤeɾˈvaːzi] in dialetto milanese, è un comune di 8 216 abitanti
Ha una struttura particolarmente curiosa: da nord a sud è infatti formato da tre “gradini”, su ognuno dei quali si adagia uno degli storici insediamenti urbani di San Gervasio d’Adda (a nord), Capriate d’Adda (al centro), e Crespi d’Adda (a sud).
Il primo documento che attesta l’esistenza del borgo risale al 948, nel quale viene ribadito l’utilizzo e lo sfruttamento di questi terreni da parte del vescovo di Cremona, che aveva ricevuto l’investitura feudale direttamente dall’imperatore del Sacro Romano Impero.
Il borgo fu interessato anche dalle spedizione punitive, tra le quali ebbero tragiche conseguenze quelle perpetrate da Facino Cane e da Francesco Bussone, detto il Carmagnola, culminate con la distruzione del ponte sull’Adda.
Le numerose lotte segnarono gli abitanti, sottoposti successivamente ad ulteriori scontri tra le truppe del Ducato di Milano e quelle della Repubblica di Venezia
Nel 1797 vi fu l’arrivo della dominazione francese tramite la Repubblica Cisalpina, a cui subentrarono poi gli austriaci con il Regno Lombardo-Veneto.
Nel 1889 al comune di Capriate d’Adda venne aggregata la frazione di Crespi, fino ad allora appartenente a Canonica d’Adda
Soltanto nel 1928 il comune assunse le attuali dimensioni, quando vennero accorpati i comuni di Capriate d’Adda e San Gervasio d’Adda nel nuovo comune di Capriate San Gervasio.
Nel paese sono presenti numerosi edifici civili degni di nota, tra i quali spiccano la Villa Valsecchi, sede di un ordine religioso, il Palazzo comunale ed il ponte sull’Adda.
Noti ai più, di Capriate, sono il parco Minitalia, ora Leolandia, e la frazione di Crespi d’Adda, ora patrimonio UNESCO. Ma appunto questi centri di interessi sono arcinoti
La zona che invece non tutti conoscono è
La penisola di San Gervasio.
È un’area naturale nella quale si può instaurare un equilibrio, una convivenza tra l’uomo e l’ambiente finalizzata all’educazione dell’uomo stesso perché conosca, rispetti e protegga l’ambiente in cui vive.
La penisola, così chiamata perché lambita nella quasi totalità dal fiume Adda, è dominata sulla sponda milanese dalla torre del castello di Trezzo e su quella bergamasca dalla chiesa dei S.S. Gervasio e Protasio. L’area, per tradizione popolare, è distinta in due zone la cosiddetta “CAVA DEGLI SPAGNOLI” e le “ISOLETTE”.
Nella seconda guerra mondiale i tedeschi predisposero un collegamento, i cui resti sono visibili a pochi metri dalla riva presso la cava degli spagnoli, tra le due sponde, bergamasca e milanese, per garantirsi una via di fuga quando venne tentata la distruzione del ponte di Trezzo.
Tracce umane in questa area risalgono però a molto prima, sono stati individuati resti abitativi golasecchiani del VII-V secolo a.C. (Golasecca, era il paese dove furono rinvenuti i primi reperti di questa civiltà di origine celtica diffusa tra Piemonte e Lombardia). Il villaggio si estendeva, probabilmente, sul preesistente pianoro presso l’attuale “cava degli spagnoli”.
La punta estrema in riva al fiume chiamata “isolète”, è così indicata già dal 1762 in una veduta della proprietà feudale dei Cavenago con il nome “Isolette Bergamasche”.
Dall’inizio del 900 terreno agricolo e bosco ceduo, la penisola ebbe anche una connotazione sociale in epoca fascista quando si insediò una colonia elioterapica per ragazzi.
Dal punto di vista economico hanno avuto una valenza la coltivazione del gelso per l’allevamento del baco da seta e le cave di “ceppo dell’Adda” utilizzato in ambito edilizio e monumentale.
Nella spalla sinistra della diga è stata realizzata la “scala di risalita dei pesci” (1905 qui sotto fotografata) che mantiene il collegamento permanentemente aperto tra la parte a monte e a valle del fiume permettendo il passaggio dei pesci.
In caso di forti e prolungate piogge ed in primavera l’apertura della diga determina una variazione di livello del fiume con conseguente inondazione della zona adiacente il lavatoio.
Lo strato arboreo è composto sia nei pianori che nelle scarpate principalmente da boschi di robinia (Robinia pseudoacacia) nella forma pura o mista e da un querceto di ottima qualità dominato dalla farnia (Quercus robur) e in subordine dall’acero campestre (Acer campestre), dall’olmo (Ulmus campestris) e dall’acero di monte (Acer pseudoplatanus). Ai margini dei boschi si possono osservare esemplari di bagolaro (Celtis australis) e nelle zone più umide di ontano nero (Alnus glutinosa), di salice bianco (Salix alba), di pioppo nero (Populus nigra) e pioppo bianco (Populus alba). Completano lo strato arboreo esemplari isolati di carpino bianco (Carpinus betulus), carpino nero (Ostrya carpinifolia), platano (Platanus hybrida), frassino maggiore (Fraxinus excelsior), ciliegio selvatico (Prunus avium), spino di Giuda (Gleditsia triacanthos), castagno (Castanea sativa), ippocastano (Aesculus hippocastanum), ligustro (Ligustrum lucidum) e di origine agricola il gelso bianco (Morus alba), il melo (Malus sylvestris) e il pero (Pyrus pyraster) selvatici. Tra le specie esotiche l’ailanto (Ailanthus altissima), il gelso da carta (Broussonetia papyrifera) e l’acero negundo (Acer negundo).
Nello strato arbustivo si osservano il sambuco nero (Sambucus nigra), il nocciolo (Corylus avellana), il biancospino (Crataegus monogyna), il sanguinello (Cornus sanguinea), il prugnolo spinoso (Prunus spinosa), il pallon di maggio (Viburnum opulus), la fusaggine (Euonymus europaeus), la rosa canina (Rosa canina) e il pungitopo (Ruscus aculeatus).
Tra le specie lianose le più comuni sono il luppolo comune (Humulus lupulus), l’edera (Hedera helix), la velenosa clematide vitalba (Clematis vitalba) e il caprifoglio (Lonicera sp) dalla particolare fioritura.
Nelle zone fresche lungo i sentieri e ai margini del bosco si osservano la felce florida (Osmunda regalis), l’alliaria (Alliaria petiolata) e la nepetella (Calamintha officinalis), il latte di gallina (Ornithogalum umbellatum), il cerfoglio selvatico (Anthriscus sylvestris), il ranuncolo bulboso (Ranunculus bulbosus), la cariofillata comune (Geum urbanum), il giacinto dal pennacchio (Muscari comosum) e la campanula selvatica (Campanula trachelium).
Nei terreni umidi e fangosi, lungo i fossi, la sponda e il greto del fiume si osservano la barbarea (Barbarea vulgaris), la beccabunga (Veronica beccabunga), l’equiseto (Equisetum arvense), l’olmaria (Filipendula ulmaria) e la dulcamara (Solanum dulcamara), la consolida maggiore (Symphytum officinale), il nontiscordardimé (Myosotis scorpioides), le specie dei poligoni (Polygonum ssp) e dei carici (Carex ssp), la salcerella (Lythrum salicaria), la mazza d’oro comune (Lysimachia vulgaris), la verga d’oro d’America (Solidago gigantea) e la menta d’acqua (Menta aquatica), la balsamina ghiandolosa (Impatiens glandulifera) e la forbicina comune (Bidens tripartita).
Nei campi incolti e prati asciutti molto comuni sono le false ortiche (Lamium maculatum e Lamium purpureum), la bardana (Arctium sp) e la carota selvatica (Daucus carota), la cicoria (Cichorium intybus), l’iperico (Hypericum perforatum), il cinquefoglio (Potentilla sp) e il raponzolo (Campanula rapunculus), il tanaceto (Tanacetum vulgare), il fiordaliso stoppione (Centaurea jacea), il millefoglio (Achillea millefolium) e il verbasco (Verbascum thapsus).
Dal punto di vista botanico un’ottima qualità naturalistica è concentrata nella vegetazione perialveale e nella vegetazione di sorgente: si osservano carice spondicola (Carex elata), coltellaccio maggiore (Sparganium erectum), lisca maggiore (Typha latifolia), giunco comune (Juncus effusus), cannuccia di palude (Phragmites australis), garofanino d’acqua (Epilobium hirsutum) e l’effimera ma stupenda fioritura dell’iris d’acqua (Iris pseudacorus) (specie protetta), crescione d’acqua (Nasturtium officinale), ranuncolo fluitane (Ranunculus fluitans) e peste d’acqua comune (Elodea canadensis). Nello stagno la lenticchia d’acqua comune (Lemna minor).
La chioma folta degli alberi e le cime di alberi isolati sono usate dal colombaccio (Columba palumbus), dalla cornacchia grigia (Corvus cornix), dalla gazza (Pica pica); sugli alberi più alti vicino all’acqua staziona il cormorano (Phalacrocorax carbo). I tronchi e i rami principali degli alberi sono usati dal picchio rosso maggiore (Dryobates major), dalle cince (Parus sp), dalla cinciallegra (Parus major), dalla cinciarella (Parus caeruleus), dal torcicollo (Jynx torquilla), dal pigliamosche (Muscicapa striata), dal picchio muratore (Sitta europaea), dal pettirosso (Erithacus rubecula), dallo storno (Sturnus vulgaris) e, in associazione con aree aperte, coltivazioni e strutture umane, dalla civetta (Carine noctua). Tra i cespugli e gli arbusti nidificano lo scricciolo (Troglodytes troglodytes), il codirosso (Phoenicurus phoenicurus), il merlo (Turdus merula), il fringuello (Fringilla coelebs), il codibugnolo (Aegithalos caudatus), il verdone (Chloris chloris), il cardellino (Carduelis carduelis), il verzellino (Serinus canaria), il luì piccolo (Phylloscopus collybita) e la capinera (Sylvia atricapilla). Ai margini dei boschi, tra le fessure delle rocce e dei muri spesso vicino all’acqua, nei depositi di ghiaia, sabbia e limo del greto troviamo il rondone (Apus apus), la rondine (Hirundo rustica) e il balestruccio (Delichon urbica), le ballerine (Motacilla alba e Motacilla cinerea), il corriere piccolo (Charadrius dubius) e il gabbiano comune (Larus ridibundus). Nelle acque libere con vegetazione emergente dall’acqua troviamo lo svasso (Podiceps cristatus) e il tuffetto (Podiceps ruficollis); nei canneti e nella vegetazione ripariale il cigno reale (Cygnus cygnus), il germano reale (Anas platyrhynchos), la folaga (Fulica atra), il moriglione (Aythya ferina), la moretta (Aythya fuligula), l’usignolo di fiume (Cettia cettii); tra gli alberi e gli arbusti sul bordo dell’acqua stazionano la gallinella d’acqua (Gallinula chloropus), la nitticora (Nycticorax nycticorax) e la garzetta (Egretta garzetta). Nelle rive scoscese il martin pescatore (Alcedo atthis) e il topino (Riparia riparia).
La fauna ittica, come ha confermato un recente censimento, è in grande contrazione; gli sbarramenti, l’inquinamento provocato da scarichi urbani e industriali, nonché un’avifauna esuberante in questo tratto di fiume hanno alterato l’ecosistema fluviale e progressivamente distrutto gli habitat riproduttivi. Pesci che fino a due decenni fa erano comuni (trota fario, trota marmorata, luccio, pesce persico, alborella, savetta, vairone, triotto) sono pressoché scomparsi; difformemente distribuiti in relazione alle caratteristiche di limpidezza e velocità di scorrimento del fiume, sono ancora abbastanza comuni invece, sebbene in maniera diversa, cavedano (Leuciscus cephalus cabeda), pigo (Rutilus pigus), barbo (Barbus barbus plebejus), tinca (Tinca tinca), anguilla (Anguilla anguilla) e scardola (Scardinius erythrophthalmus).
Le nuove immissioni riguardano carpa (Cyprinus carpio), e storione (Acipenser sturio).
Fare educazione ambientale significa sensibilizzare le persone verso problematiche legate al rapporto uomo-natura e favorire l’apprendimento di concetti ecologici basilari. Educare all’ambiente, quindi, stimola a ricercare altri modi di considerare la Terra ed il nostro modo di abitarla.
È in quest’ottica che si pone l’Associazione Risorse, che da sempre ha affiancato alle sue principali attività alcune iniziative di sensibilizzazione nei confronti dei soci e della popolazione sulle tematiche ambientali. È anche per questo che, pensando ad un progetto di riqualificazione e gestione della Penisola di S. Gervasio, l’Associazione ha definito tra i principali obiettivi gli interventi di educazione ambientale, lavorando in sinergia con le realtà locali già esistenti per poter accentrare le energie ed ottenere risultati il più possibile tangibili ed efficaci.
In occasione della Giornata del Verde Pulito Edizione 2006, è stato inaugurato il Laboratorio di Educazione Ambientale, ricavato nella casetta della ex-colonia elioterapica.
La “Casetta”
La struttura è stata allestita con pannelli divulgativi, manuali di riconoscimento della flora e della fauna locale, ritrovamenti fatti in Penisola, anche dagli stessi alunni che sono venuti in visita, come ad esempio, frutti, foglie, pezzi di gusci d’uova, penne, piume, insetti, parti di nidi, borre, pelle di biscia, ecc.
Il laboratorio è stato attrezzato con una buona strumentazione scientifica, che permette di effettuare approfondite analisi, a diversi livelli, delle componenti sia del fiume che del bosco. Infatti, ci sono sia microscopi che stereoscopi, kit analisi acqua e suolo, nonché sono stati approntati numerosi giochi didattici adatti a bambini e ragazzi, dalla scuola dell’infanzia fino alla scuola secondaria.

L’ornitogioco è sicuramente lo strumento che più attira, grandi e piccini: un gioco didattico grazie al quale si possono imparare a conoscere caratteristiche fisiche e comportamentali, ma soprattutto i versi degli uccelli presenti in penisola. Dopo averli ascoltati è possibile mettersi alla prova, cercando di riconoscerli in una

divertente

sfida all’ultimo verso!!

Il Lavatoio è ancora funzionale per il suo scopo infatti ci sono persone, di San Gervasio e non, che vi lavano i panni.Potrà essere usato per l’educazione ambientale come esempio dell’uso del territorio e della risorsa acqua.
Alla cava degli Spagnoli arriva il sentiero “da Leonardo all’Unesco” che la attraversa per proseguire verso Crespi; di fronte alla spiaggia c’è un canneto dove nidificano delle folaghe. Nell’acqua si vedono ancora i pali della banchina di attracco costruita dai tedeschi alla fine della II guerra mondiale per traghettare i propri mezzi nell’eventualità della distruzione dei ponti sull’Adda.
La cava degli Spagnoli è storia, è punto panoramico, è natura, è meta e partenza per chi passeggia, per chi fa sport e per chi pesca.
La spiaggia degli spagnoli, o dei poveri come si chiamava ultimamente, era luogo di ritrovo domenicale per chi non poteva permettersi gite economicamente più impegnative o l’ingresso della piscina. Presa d’assalto soprattutto e quindi dagli extracomunitari, che spesso si lasciano sedurre dalle acque del fiume per un bagno rinfrescante.
Sono numerosi infatti gli incidenti che si sono verificati in questa ansa di fiume
Ma il fiume ha le sue insidie, la natura le sue regole.
Resta comunque un’oasi naturalistica molto affascinante e da scoprire.

CAPRIATE, capriate san gervasio, SAN GERVASIO

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

La Cultura è la nostra più grande ricchezza

Promozione culturale
                               Organizzazione eventi

Valorizzazione del territorio bergamasco e del Capitale Umano bergamasco
scrivimi@paginebergamasche.it

Pagine Bergamasche

da un 'Idea di Maria Di Pietro