MAPELLO

Mapello [maˈpɛlːo] (Mapèl [maˈpɛl] in dialetto bergamasco) è un comune di 6827 abitanti.
È possibile la presenza in epoca romana di un castrum (accampamento militare che poteva ospitare fino a 6000 uomini) nella zona. Il luogo faceva inoltre parte del ben conservato cardine centuriale Mapello – Bonate Sopra – Bonate Sotto. Nelle vicinanze passava la strada romana che distaccandosi dalla strada militare Bergamo – Como (l’attuale SS 342 Briantea) si collegava con i territori dell’Isola. L’area dell’Isola era definita dai Romani Pagus Fortunensis. Fu chiamata poi Pieve di Terno, poiché la giurisdizione plebana della chiesa di Terno comprendeva tutta l’Isola.
Il primo documento che attesta l’origine di questa terra è datato maggio 774, e tratta del testamento del gasindio Taidone: “… casa massaricia in fundo Mapello; … Roteperti de Mapello;… de vico Mapello”. In una permuta dell’867 si attesta l’esistenza della chiesa di San Cassiano secondo un’interpretazione alternativa all’identificazione con il senodochio di San Cassiano di Bergamo, posta a poco più di tre chilometri a sud dell’abitato di Mapello in una zona agricola disabitata che ha preso il nome di San Cassiano dalla presenza secolare della chiesa, venne demolita perché ormai in rovina nel 1875. La chiesa risulta regolarmente officiata fino alla metà del XIX secolo, quando cominciò ad essere abbandonata, per essere usata come deposito agricolo fino a quando non andò in rovina. Rimane solo un pezzo di muro nell’attuale zona industriale del paese.
Nel periodo medioevale questa zona venne trasformata in un autentico terreno di scontri militari, cioè luogo di guerra, ed i suoi abitanti conobbero per secoli devastazioni, miseria e fame. Contesa prima dai guelfi e dai ghibellini, e poi dalle compagnie di ventura, l’isola venne a quei tempi addirittura definita il triangolo della fame. In tal senso sorsero numerose fortificazioni in tutto il territorio comunale, tra cui torri e un castello.
Nel 1428 Mapello e tutta la bergamasca passano al dominio veneto, che divide la provincia in 14 quadre. Mapello fa parte della Quadra dell’Isola, triangolo rovesciato con il vertice in basso alla confluenza dei fiumi Adda e Brembo e la base adagiata lungo il monte Canto. Il fatto poi di essere stata, per quasi quattro secoli, una porzione territoriale di estremo confine di uno stato (contrapposto a Milano) che aveva la sua capitale sul lontano Adriatico, ha inciso sull’evoluzione sociale di questa gente che, già definita povera e senza trafichi, non poteva godere della tranquillità dovuta al fatto di appartenere ad uno Stato forte, quale era la Repubblica di Venezia in quei tempi, ingenerando, di conseguenza, una naturale diffidenza dovuta alle ripetute scorrerie di bande ed eserciti.
Il termine della dominazione veneta avvenne nel 1797, quando il territorio di Mapello e di tutta la provincia finì alla Repubblica Cisalpina. Tuttavia questa nuova istituzione ebbe vita breve, dal momento che già nel 1815 venne sostituita dal Regno Lombardo-Veneto, gestito dagli austriaci.
Questi attuarono una politica contraria alle esigenze della popolazione, tanto che spesso avvenivano tumulti: uno di questi vide tra i promotori Federico Alborghetti, abitante di Mapello. La guerriglia, documentata dalle cronache del 1848 con il nome di “guerriglia di Palazzago”, tuttavia non sortì gli effetti sperati.
Il successivo passaggio al neonato regno d’Italia, avvenuto nel 1859, acquietò definitivamente gli animi.
In ambito storico notevole importanza rivestono le due torri che, edificate in epoca medievale, costituiscono, insieme ad alcuni resti delle fortificazioni di quel tempo, un vivo ricordo delle vicende del paese.
Numerosi sono anche i palazzi e le ville presenti sul territorio: il palazzo Colombo-Zefinetti-Peruta del XVII secolo e appartenuto a nobili famiglie mapellesi, il palazzo Scotti che al proprio interno presenta numerosi affreschi cinquecenteschi, e la villa Antona-Traversi-Grismondi che risale al XVIII secolo e possiede una struttura molto scenografica.
Realizzata tra il XVII e il XVIII secolo, Villa Gromo è caratterizzata da un grande parco all’inglese ed è, ormai da anni, un prestigioso punto di riferimento per cerimonie, congressi e matrimoni. Le sale interamente affrescate, così come i suggestivi portici e le antiche vetrate, offrono atmosfere uniche che si diramano tra le colonne e i giardini, sfiorando, con profumi d’antico, ogni angolo di un complesso architettonico di indiscusso valore storico. Edificata nella prima metà del Settecento su commissione dei conti Zanchi, Villa Gromo è inserita in un anfiteatro di alberi secolari. Alla metà del XIX secolo, la proprietà dell’edificio passò alla famiglia Finardi e ancora più tardi alla signora Stampa, che fece realizzare la portineria in stile elvetico, accanto all’attuale ingresso. Nel 1947, il complesso fu acquistato dalla famiglia Antona-Traversi, i cui eredi ancora oggi detengono la proprietà. Nell’impianto a U, abituale nelle ville settecentesche lombarde, le ali sono appena più basse rispetto al corpo centrale pur avendo lo stesso numero di piani. Questo fa supporre che l’edificio possa essere stato costruito in tempi diversi. La parte inferiore del corpo centrale dispone di un ampio porticato chiuso da una balaustra in pietra arenaria. La facciata si conclude con un sottotetto munito di tre aperture ovali ed è incorniciata dalle due ali del fabbricato.
La costruzione di questo gioiello fu voluta dai conti Zanchi come residenza estiva ed è sempre stata di proprietà privata pur essendo da decenni vincolata come bene culturale (ogni modifica quindi deve essere autorizzata anche dalla Sopraintendenza). Villa Gromo è circondata da alberi secolari e da diversi cascinali e annessi agricoli, in parte utilizzati come residenze. La struttura è, come per molte ville settecentesche, a “U”, con le ali leggermente più basse del corpo centrale. Gli interni presentano locali meravigliosamente affrescati e numerosissime volte.
In ambito religioso merita menzione la chiesa parrocchialele di Michele arcangelo. Edificata verso la fine del XVIII secolo in luogo di un precedente edificio di culto risalente al XII secolo, originariamente era utilizzata come cappelletta del castello medievale, a cui sono poi state apportate modifiche e riparazioni condotte dall’architetto Luca Lucchini di Certenago che l’hanno portata alle attuali dimensioni.
Inoltre sono presenti il santuario della Madonna di Prada, la parrocchiale della frazione di Prezzate, dedicata a sant’Alessandro, legata a un’apparizione mariana che si sarebbe verificata nel XV secolo, e la nuova avveniristica parrocchiale di Valtrighe, in cui spiccano grandi e particolari vetrate.
Il santuario della Madonna di Prada (già Santa Maria de’ Prati, da cui de’ prata”) fu costruito nel 1482. In questa chiesa si trova un affresco murale ritraente la Madonna delle Grazie. La tradizione narra che in passato dagli occhi della Vergine uscisse quello che al tempo si credeva fossero lacrime e si racconta che queste gocce d’acqua fossero in grado di curare gli ammalati. Un giorno, una donna osò bagnare il proprio cane con tale acqua, e così il miracolo cessò immediatamente.
Il territorio di Mapello si suddivide in quattro parrocchie: la parrocchia di San Michele Arcangelo di Mapello, la parrocchia di San Zenone di Valtrighe, la parrocchia di Prezzate e la parrocchia di Terno d’Isola (per la frazione Carvisi).
Un tempo il paese di Mapello era famoso per la roccia arenaria, usata per opere edilizie di ornamentazione e rivestimento. Colline come il Canto Basso, ovvero la catena di colline che si estende da Mapello fino a Villa d’Adda, sono formate da terreni cretacei. Il terreno sottostante è costituito da calcari argillosi, bigi rossicci, bianchi e neri. È proprio da questi terreni che vengono ricavate le pietre da costruzione nel paese. Per queste caratteristiche del terreno in passato a Mapello erano molto diffusi mestieri quali il cavatore e tagliapietre, ma anche il lavoro di carrettiere, incaricato di trasportare il materiale estratto dalle cave al luogo in cui sarebbe stato poi lavorato. Tuttavia, tali attività sono totalmente scomparse.
Per valorizzare il patrimonio paesaggistico e culturale unico e forse poco conosciuto e promuovere il territorio dell’Isola Bergamasca (quell’area racchiusa tra i due grandi fiumi Adda e Brembo e il massiccio del Canto) è stata di recente pubblicata la guida “Un viaggio attorno al Monte Canto. Terra di storia, cultura, tradizioni ed enogastronomia”.
Un progetto editoriale voluto dai comuni di Ambivere, Mapello e Sotto il Monte Giovanni XXIII e realizzato grazie al contributo di Regione Lombardia. Fondamentale per la sua ideazione è stata la collaborazione con PromoIsola, l’associazione che da anni si occupa di promuovere le bellezze paesaggistiche e culturali del territorio, e il sostegno di enti privati come la Banca di Credito Cooperativo di Treviglio e Hservizi S.p.A. Presentata al pubblico lo scorso 12 settembre in occasione della Festa Lungo il Viale di Mapello, la guida ora è disponibile gratuitamente in tutte le proloco e le biblioteche della zona dell’Isola.

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