LEFFE

Leffe /ˈlɛffe/(Léf [ˈlef] in dialetto bergamasco) è un comune di 4311 abitanti.
La storia di Leffe può essere fatta iniziare nella prima fase del periodo geologico del Pleistocene, circa 1.800.000 anni fa, quando nell’area era presente un lago.Il fondale del lago, inizialmente posto alla stessa altezza del resto della val Seriana, cominciò lentamente ad accumulare detriti, innalzandosi di circa 130 metri nella conca dominata dai Farno e Formico, quota che tuttora caratterizza l’altipiano della val Gandino.
La grande quantità di materiale fossile spinse quindi numerosi ricercatori a frequentare periodicamente le locali miniere di lignite, tanto che nel corso degli anni emersero quantità sempre crescenti di reperti, ora custoditi presso i musei di storia naturale di Milano e di Bergamo.
Conseguentemente i primi nuclei stabili si svilupparono sulle alture del monte Beio, posto più sicuro rispetto al fondovalle e che garantiva riparo da incursioni e calamità, dove popolazioni di origine ligure, tra cui gli Orobi. A partire dal I secolo a.C. la zona fu interessata dalla conquista dei Romani, che la inclusero nel Pagus Saturnius che raggruppava i centri della val di Scalve e della media ed alta val Seriana.
A partire dal VI secolo sul territorio arrivarono i longobardi influenzando a lungo gli usi degli abitanti: si consideri infatti che il diritto longobardo rimase ”de facto” attivo nelle consuetudini della popolazione fino alla sua abolizione, avvenuta soltanto al termine del XV secolo. In quel periodo cominciarono ad essere bonificare le paludi poste nel fondovalle, retaggio dell’antico lago preistorico, e contestualmente ebbe a svilupparsi un nucleo abitativo ben definito, nel quale era presente anche un luogo di culto dedicato a san Michele, santo particolarmente venerato dai Longobardi.
Il paese si sviluppò in modo importante tanto che, sull’onda di quando andava accadendo nel vicino centro di Gandino, riuscì ad emanciparsi dal potere feudale, redigendo nel 1263 i propri statuti comunali. Il libero comune di Leffe aveva quindi la facoltà di gestire le proprie attività ed era retto da quattro istituzioni: l’aringo, la credenza, il consolato e il podestà.
L’Aringo (denominato anche Consiglio Maggiore) era un’assemblea a cui tutti i capi famiglia residenti nel territorio comunale erano obbligati a partecipare, pena ammenda pecuniaria, nella quale si deliberavano tutte le necessità della cosa pubblica e venivano eletti i Credenderi ed i Consoli. I primi, che restavano in carica per sei mesi, formavano il consiglio della Credenza ed avevano il compito di gestire l’amministrazione patrimoniale ed i rapporti con i comuni vicini. I consoli, eletti una volta all’anno, dovevano invece gestire l’ordine pubblico e far rispettare le decisioni prese dagli altri organi. Vi erano inoltre numerosi funzionari comunali: il Canepario, che seguiva la contabilità; i Fattori, che controllavano le finanze comunali; i Teleattori che gestivano gli ammanchi o i disavanzi delle finanze pubbliche; i Campai, che vigilavano sulle proprietà indivise quali prati e boschi; i Calcatori, che gestivano la viabilità di strade e sentieri; i Servitores, tutori dell’ordine; i Campanari, addetti alla manutenzione del campanile ed il Notaio, che doveva redigere tutti gli atti ufficiali del comune.
Tuttavia in quegli anni cominciarono a verificarsi attriti tra gli abitanti, divisi tra guelfi e ghibellini, che raggiunsero livelli di recrudescenza inauditi.
Alla definitiva pacificazione si arrivò pochi anni più tardi grazie al passaggio alla Repubblica di Venezia, avvenuto nel 1427 dopo un’espressa richiesta di Bergamo e delle sue valli, e ratificato dalla Pace di Ferrara del 1428. La Serenissima inserì Leffe nella Quadra della val Seriana di Mezzo, con capoluogo Gandino.
Lungo il torrente Romna sorsero folli per la produzione dei panni lana, con le relative ciodere, edifici in cui i panni venivano fatti asciugare. Nel 1596, come riportato in una relazione redatta dal comandante veneziano Giovanni Da Lezze, erano infatti presenti tre tintorie, quattro folli e sei ciodere, per una produzione di oltre 500 panni all’anno. I commerci erano gestiti da otto famiglie, che spinsero i propri traffici fino al Regno di Napoli ed alla Germania, tra le quali emersero i Pezzoli ed i Mosconi, che acquisirono titoli nobiliari messi in vendita dalla Serenissima.
Tuttavia le cronache del tempo riportano anche eventi tragici, come la carestia del 1629 seguita dalla terribile ondata di peste del 1630.
Nei decenni successivi il paese riuscì a risollevarsi, trascinato sia dall’industria laniera che dall’agricoltura. Quest’ultima ricevette nuovo impulso dall’introduzione di nuove colture quali il melgotto (granoturco) nel 1633, che portò alla costruzione di mulini per la macina lungo la Romna. Sullo stesso torrente si svilupparono anche alcune botteghe ed officine che lavoravano il ferro, commissionato dai mercanti di armi bianche di Gromo.
il periodo della dominazione francese si rivelò assai fruttuoso, dal momento che i francesi, alla ricerca di nuovi combustibili, promossero l’estrazione della lignite, materiale creatosi dalla sedimentazione degli strati del lago preistorico. Nonostante la prima richiesta per la concessione mineraria risalisse al 1785 (opera di tale Radici), il boom si verificò a partire dal 1804 e durò fino al 1897, permettendo a Leffe ed ai paesi della val Gandino di soddisfare il proprio fabbisogno energetico, che stimolò ulteriormente l’industria laniera.
Contemporaneamente altre novità riguardarono il centro di Leffe: nel 1802 i fratelli Pezzoli di Albertoni donarono alcune loro proprietà in modo che il paese potesse dotarsi di un ospedale. Questo rimase in funzione fino al 1939, quando venne adibito a centro per malati cronici, per poi essere trasformato nel 1968 in casa di riposo.
Luigi Martinelli, che nel 1906 fondò la prima industria e che, grazie ad investimenti lungimiranti ed alla sinergia instaurata con l’artigianato locale, riuscì ad ottenere risultati eccezionali, espandendosi fino ad aprire magazzini in città del sud Italia quali Bari, Napoli e Roma.
Con lo scoppio della prima guerra mondiale la produzione subì una brusca riduzione, che portò alla chiusura dell’azienda del Martinelli. Questa venne quindi rilevata dalla ditta Calamai di Prato, che rinnovò i macchinari
Dal piccolo laboratorio di Andrea Servalli, nel 1935 nacque la Micet (Manifattura di coperte e tappeti), che in breve arrivò ad occupare cento operai, e dalla cui scissione nel 1948 prese vita la Madival, che divenne a sua volta un riferimento nell’industria della valle; del tappetificio di Pietro Radici, che spaziando dalla produzione di tappeti a quella di moquettes ed infine di sintetici, diventò una potenza a livello internazionale; oppure dell’officina di Nello Pezzoli, operante nella costruzione di telai e macchinari tessili, da cui nacquero aziende poi internazionalizzate quali Somet, Vamatex e Fimtessile, raggruppate in seguito in Itema.
Tuttavia sul finire del XX secolo cominciarono ad avvertirsi le avvisaglie di quella crisi del settore tessile che poi avrebbe portato, all’inizio del nuovo millennio, ad una significativa contrazione delle vendite e della produzione dei tessuti.
Attiguo alla chiesa parrocchiale di San Michele vi è il palazzo Galizzi, adibito a casa parrocchiale. Edificato nel XVII secolo, presenta una struttura in stile tardo-rinascimentale, all’interno della quale si trova la sala Baschenis, con affreschi del pittore Pietro Baschenis, risalenti al 1613 e restaurati nel 1976.
Oltre ai già citati palazzi Galizzi e Mosconi, merita menzione anche il palazzo Pezzoli, risalente al XVI secolo, in cui vi è un auditorium di proprietà comunale. In ambito storico-culturale, degno di nota è il “Museo del tessile” che, inaugurato nel 2002, raccoglie documenti e macchinari che hanno contribuito allo sviluppo economico del paese.
Le chiese sparse nel comune sono diverse:
La chiesa compatronale di San Martino è situata su una piccola altura che domina il centro storico, viene citata per la prima volta negli statuti comunali del 1263. Demolita nel 1616 e riedificata nel 1636.
Chiesa di Santa Elisabetta. Situata nel centro abitato, poco distante dalla prepositurale di San Michele. La chiesa risale al 1605, periodo in cui era una piccola cappelletta dedicata alla Visitazione di Maria.
Situata a metà strada tra le chiese di san Michele e di santa Elisabetta, in località Göra, presso la scuola dell’infanzia gestita dalle suore della sacra famiglia. Inaugurata nel 1745 come oratorio privato della famiglia Mosconi, venne ceduta prima alla parrocchia e nel 1863 alle suore. Ampliata tra il 1960 ed il 1964, custodisce la tela Madonna con Bambino e sant’Antonio di Gian Bettino Cignaroli.
Cappella Madonna del Buon Consiglio edificata in seguito all’ondata di peste del 1630, e restaurata nel 1990, è costituita da un’abside aperta ad arco, sulla cui parete si trova un affresco raffigurante una danza macabra.
La Chiesa di San Rocco è situata nell’omonima località (alla quale ha appunto dato il nome), un tempo chiamata Chignöl. Edificata in seguito all’epidemia di peste del 1529, venne ampliata assumendo una struttura a navata singola suddivisa in tre campate mediante due arcate a sesto acuto.
Sulle alture circostanti si trovano tre altre chiesette dalla connotazione rustica e montana. Si tratta della chiesetta degli alpini sul monte Beio e di quella di Santa Croce sull’omonimo monte, entrambe edificate nel corso del XX secolo, e della chiesetta della Vergine Immacolata, detta anche “della Bozzöla”, situata nell’omonima località sulle pendici del mote Beio, tra la località Ceride e la sella di san Rocco.
Ogni anno il 16 agosto, in occasione delle celebrazioni a San Rocco viene rievocata la passata attività dei copertini (commercianti di tessuti) con il tradizionale Ol trèp (incanto) delle coperte, in quanto i copertini erano soliti tornare in paese in occasione delle festività estive per ricongiungersi con le famiglie e caricare la mercanzia da rivendere nei viaggi successivi. La celebrazione comprende anche il rito della processione con la statua del santo, la fiera e uno spettacolo pirotecnico serale che attira diversi visitatori dalla valle e da altri paesi della provincia.
Il territorio comunale di Leffe offre possibilità per chiunque volesse passare un po’ di tempo nella natura. I monti che sovrastano l’abitato, che fungono da spartiacque con le vicine valli Rossa e Cavallina, garantiscono infatti itinerari adatti alle più svariate esigenze. Si va dalla passeggiata ad anello, adatta a bambini e meno giovani, che parte dal percorso-vita che costeggia il ruscello della valle Brugali, e passa per la frazione di san Rocco, da cui poi è possibile raggiungere le località della Ceride e della Bozzöla, sulle pendici del monte Beio.

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