ALBINO
Albino [alˈbiːno] (Albì [alˈbi] o ’Lbì [ˈlbi] in dialetto bergamasco) è un comune di 17552 abitanti
I più antichi reperti rinvenuti sul territorio albinese riconducono all’età preistorica: tra questi si segnalano resti pleistocenici ritrovati nella valle del Lujo, in località montuose al di sopra dei centri abitati delle frazioni di Abbazia e Casale.
In posizione elevata, ma nella piccola valle del Rovaro (che scende dal monte Rena nei pressi del confine con Gazzaniga ed Aviatico), si trova la Grotta Corna Altezza nella quale sono state trovate tracce di frequentazioni preistoriche e sepolture riconducibili all’età del rame, periodo al quale sono databili anche i resti emersi nelle vicinanze del Colle Gallo, ed un pugnale litico tipico della Cultura di Remedello.
In quest’ultimo borgo, di grande rilievo è la scoperta avvenuta nel 1990 durante gli scavi per la costruzione del campo sportivo, in località Cap del Pir. In quell’occasione emersero resti di un insediamento stanziale neolitico, databile attorno al V millennio a.C., tra cui capanne in legno e due pozzi per l’acqua.
Sulle pendici del monte Misma numerosissime sono infine le cosiddette officine litiche, ovvero le aree in cui avveniva lo sfruttamento e la lavorazione della selce.
Una prima urbanizzazione avvenne in epoca romana, come testimoniato sia da numerosi reperti.
La colonizzazione venne notevolmente favorita dalla presenza di risorse minerarie, su tutte il cadmio (ricavato dal rame) di ottima fattura e le pietre coti, come testimoniato da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia.
Dopo la caduta dell’impero Romano il territorio albinese, al pari di gran parte dell’area della Gallia Cisalpina, passò prima ai Longobardi, dei quali poche sono le testimonianze dirette, e poi al Sacro Romano Impero. Quest’ultima istituzione basò la sua organizzazione sul sistema feudale, che prevedeva la gestione delle terre imperiali da parte di un beneficiario incaricato dall’Imperatore. Albino ed il suo circondario, così come gran parte della bassa val Seriana, fu dato in gestione al vescovo di Bergamo, come testimoniato direttamente dal primo documento, datato 898, in cui viene citato il nome di Albinus. In quell’atto difatti si descrive una permuta effettuata nelle terre di proprietà del Vescovo Adalberto, nelle località albinesi nominate Runcolo (terreno da poco dissodato) e Sablone (terreni nuovi presso il fiume Serio). Successivamente compare anche il nome delle vicine località quali Bundo nel 993, Disinciano nel 1040 e Comenduno nel 1084. A partire dal X secolo Albino non venne più indicato come villaggio, ma come corte, ovvero centro di una certa importanza di proprietà signorile. Nella corte albinese, inizialmente appartenente alla Pieve di Nembro, era presente la Cappella di San Daniele, di proprietà vescovile, della quale non esistono tracce.
Nel frattempo la valle del Lujo era quasi completamente disabitata, fatta eccezione per il villaggio di Casale, nel quale si sviluppò una particolare forma di organizzazione fondiaria e della proprietà, nella quale un gruppo di contadini liberi prese in affitto dei poderi, disboscando piccoli appezzamenti di terra. Il primo nucleo, risalente ad un periodo compreso tra l’VIII ed il IX secolo, venne fondato da contadini provenienti dal paese di Albino, come testimoniato dalle decime su quelle terre riscosse dalla chiesa di San Giuliano.
L’impulso decisivo per lo sviluppo della valle del Lujo, in quei tempi conosciuta come Vallalta, per via della sua posizione più elevata rispetto alla val Seriana, si ebbe nel 1136, quando venne decisa la fondazione di un monastero al fine di valorizzare quelle terre altrimenti senza alcuna resa. L’abbazia, posta alle falde del monte Misma in quella che è la frazione che ne porta il nome, venne intitolata a San Benedetto ed assoggettata direttamente ai possedimenti della Sede Apostolica, rimanendo de facto terra separata per oltre sei secoli.
In quei tempi la Curia di Albino acquisì notevole importanza, tanto che nel 1186 i suoi confini si estendevano dal torrente Nesa, ad Alzano, fino a Colzate.
In breve tempo però le dimensioni della Curia albinese si ridussero notevolmente, tanto che nel 1178 cedette in perpetuo i diritti che vantava presso Bondo a famiglie della città di Bergamo.
Sotto il controllo della Curia di Albino, e conseguentemente del Vescovo, rimasero quindi soltanto il capoluogo, Comenduno e Desenzano. Tuttavia nella parte finale del XII secolo anche questi ultimi riuscirono ad ergersi a comuni, anche se vincolati da giuramento nei confronti dell’autorità ecclesiastica.
Per svincolarsi completamente dalla sua ingombrante presenza, i comuni dell’albinese si posero sotto la protezione del comune di Bergamo, in aperta contrapposizione al potere ecclesiastico. Fu così che venne decisa l’istituzione del Comune Maggiore di Albino (detto anche Concilio Maggiore di Albino), una sorta di distretto intermedio tra il potere vescovile prima, dei Visconti poi, ed infine della Serenissima. Questo, menzionato per la prima volta nel 1173, comprendeva le comunità incluse nella conca tra i monti Cereto e Rena, vale a dire Albino, Desenzano, Comenduno, Bondo, Aviatico e le sue frazioni, nonché il censuario di Fiobbio. Ogni borgo eleggeva dei propri membri, detti campari, che avrebbero poi gestito la manutenzione di strade e ponti, nonché le trattative con le Signorie per l’utilizzo dei beni comuni quali prati e boschi. L’istituzione, che nel 1250 ottenne la definitiva autonomia dal Vescovado, ebbe lunga durata, fino a quando il 16 giugno 1816 i comuni sciolsero il patto dividendosi i beni comuni.
Conclusasi l’epoca di predominio vescovile, Albino passò sotto l’egida del comune di Bergamo, che nel 1263 inserì la zona nel distretto della Facta della Porta di San Lorenzo. In questa prima fase del periodo comunale ebbero modo di distinguersi grandi proprietari terrieri quali i Signori di Comenduno, i famiglia Suardi, i Riboldi Grassi ed i notai Venturino e Pecino Da Gaverina.
Tra le competenze comunali vi era anche la gestione del territorio: a tal riguardo venne decisa la costruzione, avvenuta tra il XIII e il XIV secolo, del canale artificiale denominato roggia Comenduna, tuttora esistente. Questa era dotata di bocche di presa che attingevano al corso del fiume Serio nella zona a Nord dell’abitato e veniva utilizzata sia per soddisfare i bisogni irrigui della zona sia per garantire la portata alla roggia Serio Grande, che prendeva vita alcuni chilometri più a valle.
Con l’inizio dell’epoca viscontea, oltre a verificarsi l’unione fiscale tra Albino e Bondo, con quest’ultimo che avanzò anche la richiesta di annessione al capoluogo, cominciarono a verificarsi episodi violenti tra le fazioni guelfe (predominanti presso Albino di Sopra) e ghibelline (Albino di Sotto), nelle quali si trovavano esponenti delle famiglie più in vista. Le cronache riportano di scontri fratricidi per tutto il XIV secolo, dal momento che già nel 1313 si racconta che il Vescovo Cipriano concesse ai cittadini di rifugiarsi nelle mura del suo castello di Albino a causa della guerra presente nel paese e nella valle. Ma il livello di recrudescenza raggiunse l’apice verso la fine del secolo: esponenti della fazione ghibellina nel maggio 1379 incendiarono numerose case tra Desenzano e Comenduno, uccidendo quattordici uomini, mentre il 4 marzo dell’anno successivo quaranta guelfi furono ammazzati nella chiesa parrocchiale. E ancora nel maggio 1398 i guelfi, guidati da Bugatto dei Signori di Comenduno, attaccarono una torre della famiglia dei Da Piano, demolendola, scatenando la ritorsione ghibellina che portò all’incendio di altre abitazioni e all’uccisione di tre persone. Durante queste operazioni furono pure utilizzate diverse bombarde, su questa località verrà poi costruita la chiesa di San Rocco. Numerose furono le tregue stipulate, ma la pace non venne rispettata. Seguirono ancora incursioni ghibelline, con a capo esponenti dei Suardi, nelle quali vennero attaccati mulini e torri presso Albino (settembre 1404), a cui fece seguito una rappresaglia guelfa che portò alla distruzione di una torre.
All’inizio del XV secolo la bergamasca intera fu a lungo contesa dai Visconti di Milano e dalla Repubblica di Venezia, con le varie entità territoriali intente a trattare con gli uni o gli altri al fine di ottenere situazioni maggiormente vantaggiose. Anche Albino contrattò più volte con le due potenze: i primi accordi furono firmati nel 1408 e nel 1416 con il milanese Pandolfo III Malatesta, che garantivano al paese privilegi, autonomia finanziaria e separazione fiscale, offrendo anche la gestione dei dazi su vino e carne. A questi seguirono trattati stipulati con i Veneziani nel 1428, e successivamente ancora con i milanesi tramite Niccolò Piccinino. La parola fine venne data dalla Pace di Ferrara che nel 1433 assegnò tutta la bassa val Seriana alla Serenissima, che mantenne le condizioni di privilegio concesse precedentemente alla zona.
La ritrovata stabilità politica permise di arrivare alla definitiva pacificazione sociale. La Serenissima decise infatti di eliminare tutte le fortificazioni esistenti, che vennero quindi demolite oppure riconvertite come abitazioni, dando il via ad un periodo di tranquillità in cui l’intera zona riprese a prosperare. Si svilupparono i commerci e vi fu nuovo impulso per l’agricoltura (frumento e granoturco su tutte) e l’allevamento. Si sviluppò inoltre anche l’industria manifatturiera, con la lavorazione di ferro e acciaio come elemento trainante: ad Albino si trovavano magli e mole (presso il torrente Rio Re e la roggia Comenduna) per la lavorazione del materiale, mentre a Desenzano si svilupparono laboratori per la produzione di coltelli, lame e armi, situazione facilitata dalla presenza di cave pietre coti sulle pendici del monte Misma. Questa nuova condizione, abbinata alla presenza di attività specializzate nella produzione di tessuti (specialmente presso Vall’Alta), portò allo sviluppo di un nuovo ceto borghese, come testimoniato dalla relazione stilata nel 1596 dal capitano veneto Giovanni Da Lezze, nella quale si descriveva Albino come una zona con discreta mercanzia, commerciata anche al di fuori della Serenissima. Tuttavia alla presenza di una dozzina di famiglie dal reddito elevatissimo si abbinava invece una condizione contadina, che raggruppava la maggior parte della popolazione, molto povera. A questa nuova realtà cercarono di opporsi i piccoli centri periferici, su tutti Bondo, basati prevalentemente su un’economia rurale, che richiesero la separazione dal capoluogo.
Queste difficoltà si acutizzarono notevolmente nel biennio 1629-1630 quando, in seguito ad una grave carestia, si scatenò un’epidemia di peste che uccise un terzo della popolazione. La protesta si concluse nel 1653 quando il governo di Venezia stabilì la suddivisione del territorio comunale di Albino in cinque contrade interne (Cim’Albino, Piazza Camparo, Chiesa, Albina e Him’Albino) e quattro esterne (Bondo, Petello e Dosso uniti, Fiobbio con Berlino, Aviatico e Ama con Amora e Ganda) che di fatto assunsero l’autonomia amministrativa.
La successiva restaurazione portata dal Congresso di Vienna diede l’Italia agli austriaci, che instaurarono il Regno Lombardo-Veneto. Negli anni seguenti anche ad Albino, così come in gran parte della provincia di Bergamo, si svilupparono sentimenti patriottici per la nascita di una nazione italiana, che sfociarono nei moti del 1848, a cui partecipò attivamente anche l’albinese Giovanni Battista Spinelli, attivo a Bergamo su incarico di Gabriele Camozzi. Il passo decisivo verso l’unità d’Italia fu dato dalla Spedizione dei Mille del 1860, alla quale parteciparono anche i cittadini albinesi Giovanni Battista Poletti ed Enrico Piccinini.
In quegli anni la popolazione crebbe in modo considerevole, con il capoluogo che cominciò ad attrarre in modo significativo gli abitanti dei paesi vicini. Questo fenomeno si acutizzò ulteriormente dal 1875, anno in cui nella porzione meridionale del territorio venne creato, da parte della famiglia svizzera degli Spoerry ai quali dopo una decina di anni subentrarono gli Honegger, un importante insediamento industriale che sfruttava la potenza idrica garantita dalla roggia Serio Grande.
Pochi anni dopo, alla manifattura Spoerry- Honegger si aggiunse anche il cotonificio Borgomanero (poi diventato Albini), sorto più a Nord lungo la roggia Comenduna. Questa situazione portò Albino ad acquisire una centralità nell’ambito dell’economia bergamasca, tanto che verso fine secolo un telaio su otto risultava operante proprio nel paese seriano. Con 1.400 operai operanti nel settore (dei quali l’85% erano donne e minori) si verificarono importanti variazioni sociali, le prime rivendicazioni sindacali (1893) e una sempre più crescente marginalizzazione dei centri limitrofi rispetto al capoluogo.
Un ulteriore impulso all’economia locale venne dall’apertura sia della Ferrovia della Valle Seriana, che dal 1884 permetteva il collegamento di merci e passeggeri da Bergamo a Clusone, che del cementificio Guffanti. Quest’ultimo, di proprietà di una famiglia di piccoli manifatturieri, si sviluppò notevolmente andando poi a fondersi con la Società Fabbriche Riunite Cemento e Calce, formando l’Italcementi.
Tuttavia l’inizio del XX secolo, complice la crisi del 1929 e la successiva difficoltà dell’industria tessile, vide una notevole contrazione dell’occupazione con pesanti ripercussioni sull’emigrazione: si stima, ad esempio, che all’apice della crisi nel capoluogo emigrarono circa 500 persone all’anno, mentre nel 1935 il 12% degli abitanti di Desenzano risiedeva fuori paese. Erano gli anni del regime fascista, il quale attuò una politica di accentramento dei poteri a scapito dei piccoli centri. Fu così che il 12 gennaio 1928 i comuni di Bondo Petello, Desenzano al Serio e Vall’Alta, furono aggregati al capoluogo albinese, vedendo revocate quelle autonomie mantenute per secoli.
Nella seconda parte del XX secolo il comune vide un tumultuoso sviluppo urbanistico, sociale ed economico che lo vide assurgere a centro di riferimento della bassa valle Seriana, con numerose attività artigianali che, sviluppandosi, riuscirono ad espandere il loro raggio d’azione ben oltre i confini regionali e nazionali.
L’edificio più antico e storicamente rilevante presente sul territorio è senza dubbio la chiesa Prepositurale dedicata a San Giuliano, situata in posizione dominante sul centro abitato.
Ai margini di piazza San Giuliano, dove si trova l’omonima chiesa prepositurale, è situata la chiesa di San Bartolomeo. Riconoscibile per il suo stile romanico lombardo, risale ad un periodo compreso tra il XIII e il XIV secolo.
Numerosi sono gli altri luoghi di culto presenti sul territorio albinese: nel solo capoluogo, oltre ai due sopra citati, ve ne sono altri otto.
Tra questi vi sono: lachiesa di Sant’Anna che, situata nella centralissima via Mazzini, venne edificata verso la metà del XVI secolo come luogo di culto inglobato nel monastero carmelitano femminile fondato da Lucrezia Agliardi Vertova, ritratta dal Moroni.
Il Santuario Madonna del Pianto Edificato nel 1465 come Chiesa di Santa Croce, nel 1655 fu teatro di un episodio miracoloso che vide protagonista un ragazzo muto che ritrovò la parola, avvenuto nell’adiacente cappelletta dedicata all’Addolorata.
Poco distante sorge il convento dei Frati Cappuccini, fondato nel 1613 grazie ad una donazione della famiglia Bernardo Spini[11]. Verso la fine del XVIII secolo il convento fu soppresso dalle direttive napoleoniche e venduto a privati, anche se nel 1856 i frati dell’ordine dei Cappuccini vi fecero ritorno.
Nella struttura si trova la chiesa di San Francesco, con l’altare maggiore raffigurante una Gloria di San Francesco, dipinto da Monzio Compagnoni. Sempre rimanendo nell’ambito delle congregazioni religiose, è presente anche il complesso dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù, meglio conosciuti come Padri Dehoniani. Questo, risalente all’inizio del XX secolo e situato in una zona periferica nei pressi della frazione di Bondo Petello, vede al proprio interno la Chiesa del Cuore Eucaristico di Gesù. Progettata da Dante ed Elia Fornoni in stile neogotico lombardo e consacrata nel 1924, la chiesa ha una struttura con pianta a croce latina con tre navate.
Chiesa Madonna della Neve. Sempre nei pressi del confine con Bondo, ma in posizione più elevata, si trova la chiesa della Madonna della Neve. Questo piccolo santuario a pianta quadrata, posto sulla mulattiera che reca a Selvino, risale al XVI secolo.
Nell’OltreSerio, a monte della strada che reca a Pradalunga, nei pressi della cementeria Italcementi, è collocata la chiesa di San Rocco. Costruita nel XVI secolo, in luogo di un antico castello ghibellino.
In una strada laterale di via Mazzini, adiacente al corso del torrente Albina, sorge il santuario di Nostra Signora di Guadalupe, edificato verso la fine del XIX secolo per volere del tenore Federico Gambarelli, scampato a un naufragio al ritorno dall’America Latina. Questi, divenuto in seguito monsignore, lasciò la gestione del santuario all’Istituto del Beato Luigi Maria Palazzolo che vi insediò una congregazione femminile che fino al 1968 ha assistito le orfane.
A Desenzano si trova la chiesa parrocchiale di San Pietro, risalente al XIV secolo in stile gotico-lombardo. A breve distanza si trova quello che può essere considerato l’edificio sacro che ancora gode di maggior devozione popolare, tanto da essere meta di molti pellegrinaggi da parte tutta la popolazione albinese, e non solo. Il Santuario della Madonna del Miracolo, meglio conosciuto come Madonna della Gamba, ricorda un miracoloso evento avvenuto nel 1440: una ragazza guarì miracolosamente dalle ferite riportate ad una gamba dopo aver pregato la Madonna.
In Comenduno alla chiesa parrocchiale di Cristo Re, edificata all’inizio del XX secolo, si abbina la piccola chiesa di Santa Maria, risalente alla metà del XIV secolo; a Bondo si trovano invece la cinquecentesca parrocchiale di Santa Barbara, accompagnata dalla piccola chiesa agreste di San Bernardo in Bruseto e dal Santuario della Beata Vergine delle Grazie in situata tra i boschi in località Petello. Abbazia di San Benedetto. Nell’Oltreserio grande importanza ricoprono l’abbazia di San Benedetto, edificata nel 1136 e situata nella frazione di Abbazia, e il Santuario della Beata Vergine del monte Altino, posto ad un’altezza di circa 800 m s.l.m., sull’omonimo colle sopra Vall’Alta.
Nel territorio della frazione in questione si trovano anche la chiesa parrocchiale dedicata Santa Maria Assunta e San Giacomo Maggiore, databile presumibilmente ai primi anni del XIV secolo, la chiesa della Beata Vergine del Monte Carmelo che risulta presente nel 1575, citata nella visita pastorale di san Carlo Borromeo, e la chiesa intitolata alla Beata Vergine del Buon Consiglio (XX secolo), che serve le località Grumelduro e Molinello.
Nella vicina frazione di Fiobbio, la chiesa parrocchiale dedicata a Sant’Antonio di Padova ed edificata tra il 1919 e il 1924, custodisce le spoglie della Beata Pierina Morosini. Degne di nota sono anche l’ex chiesa parrocchiale dedicata al medesimo santo patrono, sconsacrata nel 1952, il cui nucleo primitivo risale al XVII secolo con richiami allo stile romanico, e il santuario della Santissima Trinità (XVI secolo), posto a sud dell’abitato in posizione panoramica sul capoluogo Albino.
A Casale la chiesa parrocchiale, edificata nel 1850, è intitolata al Sacro Cuore di Gesù, mentre quella di Dossello allo Sposalizio di Giuseppe e Maria.
Numerosi sono i palazzi signorili, quali la cinquecentesca casa della Misericordia, affrescata nel 1570 da Giovan Battista Moroni, la casa Solari, con eleganti colonnati e arcate anch’esse del XVI secolo e la casa dei Conti Spini, affrescata esternamente da Antonio Moroni nel 1630.
Ai margini meridionali del territorio comunale, al termine del XIX secolo si sviluppò il complesso manifatturiero Honegger, a fianco del quale venne costruito un piccolo villaggio operaio che, seppur in scala ridotta rispetto ad altri progetti simili (vedi Crespi d’Adda), permette di comprendere la realtà industriale di un tempo.
Poco distante si colloca il ponte sul fiume Serio che collegava il capoluogo con l’Oltreserio. Edificato nel corso del XIV secolo in stile romanico, ma sottoposto a numerosi successivi interventi di ripristino in seguito alle piene del fiume, è utilizzato per il passaggio della Ciclovia della Valle Seriana.
Dai primi anni del XXI secolo Albino ha un nuovo e ampio auditorium che può ospitare fino a 300 persone; all’interno si svolgono serate di svago, intrattenimento, spettacoli pubblici, mostre e serate per organizzazioni no-profit.
Nelle frazioni sono presenti due musei etnografici: il primo, denominato Museo etnografico La torre, è situato nella Villa Regina Pacis presso Comenduno, mentre il secondo, con il nome di Museo etnografico Valle del Lujo, si trova a Casale. Entrambi si prefiggono l’obiettivo di ricordare gli stili di vita e di lavoro presenti nella cultura rurale del paese.
A partire dal 2014, uno scultore locale ha iniziato a scolpire per diletto le pietre di un vecchio muro di contenimento che corre lungo via Piazzo. Si contano più di 500 raffigurazioni a tema astratto di pregevole fattura, e l’artista non sembra intenzionato a fermarsi. Passeggiando lungo via Piazzo, è possibile incontrare Remo all’opera, sempre disponibile a scambiare quattro chiacchiere con chiunque.