MARIO TADINI

Il bergamasco dimenticato che fondò la Ferrari.
Mario Tadini contribuì alla nascita della scuderia ma scomparve dai libri di storia. A riscoprire la sua figura alcuni studenti di prima media.
Un mito nascosto
La ricerca inedita sui piloti del territorio Protagonisti alunni di 11 anni alle prese con il laboratorio di giornalismo storico
La scoperta
«Col laboratorio di giornalismo storico – spiega il profGelsomini – i ragazzi imparano a studiare sugli archivi digitali ma soprattutto capiscono che la scuola esce sul territorio eblo modifica. In questo caso ha “riscritto la storia“. erano stupefatti e increduli».
Un progetto che piace «Questo laboratorio piace – spiega la dirigente ChiaraSpatola –, mostra che la storia non è solo sui libri, ma è fatta anche di piccoli eventi vicini. Scoprirevche Tadini era bergamasco per loro è stato entusiasmante. Metà del lavoro è stato fatto a distanza, ringrazio il professor Gelsomini»
Gli alunni che hanno partecipato al laboratorio sono: Ashley Zoppetti, BekimGashi, Denis Vasha, ElenaViola, Elisa Oriella Lorandi,Fabiano Donghi, Flaka Plakaj,Michele Asperti, NicolasCosco, Raj Ram, SimoneFacchinetti
PIONIERE
La scuderia partìbcon cinque vetture Alfa Romeo
e il presidente fu proprio Tadini IL “RE DELLO STELVIO“ Insieme ad altri piloti finanziò con 130 azioni l’impresa di Enzo Ferrari.
LA FIGLIA
«Sono stati capaci di far rivivere mio padre»
«Quando mi ha chiamato il professor Gelsomini per chiedermi se fossi Lora Tadini, figlia di Mario, tra i fondatori della Ferrari, è stato uno dei giorni più belli della mia vita». Loretta Tadini Cabella ha 83 anni è una dei tre figli di primo letto di Mario Tadini ed è un fiume in piena quandobracconta dell’incontro, finora
solo a distanza, con i ragazzi di Calcio. «Sono stati capaci di far rivivere mio padre, io sono nata nel ’37, mio padre ha smesso dicorrere nel ’40, non è stato un padre molto vicino, molte cose le sto scoprendo dalla loro ricerca».I piloti erano scritti nel destino.
di Loretta: dopo il padre, anchebil marito, Luigi Cabella, che habcorso nel Gran Turismo. «Ho avuto una vita felice, ma ammetto che scoprendo di questo lavoro su mio padre mi sono commossa e ho pianto: ho perduto la mamma a 13 anni e non ho avuto un padre vicino a me». Il ricordo di figlia restituisce il ritratto di un uomo intraprendente, ma anche “viveur“: «La vita se l’è goduta», esclama. La seconda moglie aveva appena un anno più di Loretta. Nonostantei due matrimoni, in occasione di quello della figlia con Cabella, Mario disse: Non ti farò fare foto, il giorno del matrimonio è un giorno da dimenticare.
L’ARTICOLO
Se non fosse stato per un ber gamasco, la Ferrari non sarebbe nata. Oppure sarebbe nata ma in altri modi, altri tempi, chi lo sa. Quel che invece si sa è che. alle origini della scuderia del cavallino c’è stato un bergamasco doc, Mario Tadini. Commerciante d’abiti e pilota spavaldo, nell’ottobre del ’29 finanziò l’intuizione e l’ambizione di Enzo Ferrari, insieme ai fratelli ferraresi Caniato, con 130 azioni da 130mila lire. Il passare del tempo, però, non gli ha reso giustizia e le sue tracce si sono sbiadite così tanto che a lungo si è creduto che fosse nato a Bologna. A riscrivere la storia del “re dello Stelvio”, salita che affrontava con piglio e una tecnica rimasta a lungo misteriosa, ci ha pensato un manipolo di ragazzini di undici anni, studenti di prima della scuola media “Martiri della Resistenza di Calcio, in provincia di Bergamo. «Con il laboratorio di giornalismo storico stavamo facendo una ricerca sui piloti del territorio – spiega il prof Stefano Gelsomini – e ci siamo imbattuti in Mario Tadini. A Calcio questo cognome è associato ai conti Tadini e così a un ragazzo è venuto il dubbio: ma non è che anche questo Tadini è di Bergamo?.
In più veniva citato in un articolo del ’35 de Il Littoriale (Corriere dello Sport) come «nativo di Bergamo». «Ho detto ai ragazzi: se avete ragione voi, finirete sui giornali».Gli studenti e il prof contattano l’anagrafe di Bologna, inseguono i suoi spostamenti a Lesa, ad Alba e scoprono che sì, hanno ragione loro. Inizia un bel lavoro di ricerca su un centinaio di giornali e riviste dell’epoca, italiane e straniere, con l’obiettivo di ricostruire la storia, o almeno una parte, della vita di Tadini. Il suo nome aveva travalicato i confini nazionali, addirittura europei: di lui scrivevano perfino i giornali in Australia. E poi ci sono un video dell’Istituto Luce del 1930 ei racconti di tre dei suoi figli, che hanno permesso di ricostruire un po’ di biografia di questo bergamasco avventuroso ma riservato, tanto che non esiste quasi nessuna sua dichiarazione. La sua storia la raccontano gli altri.
Mario Tadini nasce nel 1905, figlio di Ercole, ricco commerciante proprietario dei “GrandiMagazzini Italiani Tadini“, una catena di negozi di abbigliamento con filiali in tutto il Nord Italia. Una di queste era a Bologna e lì Mario finisce a 15 anni ad aiutare in bottega. I destini dei pionieri della Ferrari si incrociano nel settembre 1929 al Giro delle tre Province, tra i piloti ci sonoTadini e Alfredo Caniato, entrambi guidano auto Alfa Romeo comprate da Enzo Ferrari. Un mese dopo, il 5 ottobre, a una cena di gala a Bologna, nella Sala dei Ricevimenti della Casa del Fascio nasce l’idea della scuderia, i soci di Ferrari sono proprio quei piloti scavezzacollo – Alfredo e Augusto Caniato e lo stesso Tadini – clienti del Cavaliere, che nei mesi precedenti avevano corso con le sue auto.
La nuova scuderia parte con cinque vetture Alfa Romeo e il presidente era proprio Tadini. Il quale però evidentemente preferisce stare al volante e nell’aprile 1930 partecipa a proprio spese, perché così voleva Ferrari, alla sesta Mille Miglia con la sua Alfa Romeo 6C 1750 Spider Zagato: è la prima auto della Scuderia Ferrari a scendere in pista, le cineprese del Cinegiornale immortalano in un breve filmato muto e in bianco e nero la partenza da viale Rebuffone a Brescia. L’avventura finisce con un ritiro, ma Tadini ci riprova anche negli anni successivi.
Nel ’35 ottiene il secondo posto, «ventre a terra», scrive su Il Littorale Corrado Filippini, che lo definisce «dilettante, ecco, egli è, squisitamente, dilettante. Come tale la sua abilità di guida è meravigliosa». Tadini aveva doti di scatalatore, tra il ‘32 e il 39 la vince cinque volte di cui quattro di fila, non ci sono Varzi e Nuvolariche tengano. Il trucco del bergamasco per affrontare i tornanti verso il passo senza perdere secondi preziosi è stato messo apunto – lo spiega un libro del‘47 scritto da Giovanni Canestrini – dopo aver percorso la strada da Trafoi al passo «impicciato nella sua manovra dalla mole del meccanico che gli stava al fianco». Tadini, che nel ’35 guadagnava come pilota 87mila lire, era così famoso da finire anche sulle “cartine“, le figurine dell’epoca. Nel 1940 lascia le gare, poi lo sfollamento a Lesa, il secondo matrimonio nel ’55 e la morte nel 1983. È sepolto nella tomba di famiglia a Bergamo, la sua Bergamo che però l’ha un po’ dimenticato. E allora i ragazzi di Calcio lanciano la proposta: un museo a Tadini lì dove tutto iniziò.
Ringrazio Giuseppe Cigognani per avermi inviato questo articolo e fatto conoscere questa storia.
Quando si incontra un assessore alla cultura vocato alla cultura è una grande, grandissima soddisfazione. Ma a Calcio evidentemente la cultura, l’arte, la storia e la passione per la crescita dei ragazzi e non solo, sono di casa.
Vi aspettiamo domenica 7 novembre alle 15 in Piazza San Vittore per la visita guidata ai murales a cura di Pro Loco Calciana con pièce teatrale a sorpresa e cioccolata calda
Per informazioni
scrivimi@paginebergamasche.it

CALCIO, ferrari, tadini

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