COVO
Covo [ˈkoːvo] (Cóf [ˈkof] in dialetto bergamasco) è un comune di 4112 abitanti.
La zona di Covo fu probabilmente abitata già dal V secolo a.C. dai Galli e dai Celti con i Cenomani che si stanziarono in piccoli villaggi. Testimonianza della loro presenza sono in varie località della zona. Questi permisero ai romani l’insediamento sul territorio aiutandoli a liberarsi degli Insubri del 224 a. C. Tracce della presenza romana sono riscontrabili nei confini catastali che indicano il tracciato di decumani e cardini. Parrebbe che il ventiseiesimo decumano della centuriazione passasse per il territorio di Covo.
Il territorio fu poi invaso dai vari popoli provenienti dal nord, fino al 568 quando si stanziarono i Longobardi.
Questi non amavano coltivare la terra ma preferivano vivere alle spalle delle popolazioni chiedendone un terzo del raccolto.
Il primo documento scritto che attesta l’esistenza del paese risale all’anno 920, cinque anni dopo l’atto di appartenenza di tutta la zona alla diocesi di Bergamo del vescovo Adalberto nel periodo storico in cui questi territori erano stati conquistati dai Franchi: questi nuovi dominatori istituirono la secolare istituzione del Sacro Romano Impero, in cui introdussero il feudalesimo. Fu poi nuovamente citato nel 998 in un atto di permuta del vescovo Reginfredo con Beltramus de Covo. Fu dopo il primo millennio però che il villaggio iniziò ad avere una propria conformazione grazie alla costruzione del castello come luogo di difesa, e alla costruzione di nuove abitazioni intorno a esso a protezione, e con le case anche le antiche chiese.
Nel 1098 il territorio passò sotto la giurisdizione del vescovo Ubaldo della diocesi di Cremona per volontà della contessa Matilde di Canossa, contro quella dei covesi e dell’arcivescovo di Milano.
lo sviluppo di opere pubbliche con la costruzione di nuovi fossati che servivano all’irrigazione dei campi. L’apice degli scontri si verificò nel novembre del 1237, quando nelle vicinanze si scontrarono gli eserciti guelfi delle città di Brescia e Milano e quelli ghibellini composti dalle truppe imperiali dell’imperatore Federico II, sostenitore delle città di Bergamo e Cremona. La battaglia, combattuta lungo il “Fosso Bergamasco” pur avendo avuto il suo punto centrale in località: “Morti del Fosso”, coinvolse certamente il territorio di Covo, attraversato appunto da tale fossato.
Il maniero venne ricostruito dopo breve tempo da Buoso da Duera, signore di Soncino, che vi era rifugiato dopo il presunto tradimento di Manfredi di Sicilia, il quale lo dotò di ben nove torri, e facendo rinforzare le mura cittadine e creare un profondo fossato.
Buoso, che per denaro aveva tradito i Ghibellini, verrà collocato da Dante all’inferno (If canto. XXXII 103-117) fra i traditori della patria. “Ei piange qui l’argento de’ Franceschi: Io vidi, potrai dir, quel da Duera Là dove i peccatori stanno freschi.” Il 9 marzo 1267 fu firmata la pace nella chiesa di San Giorgio di Romano di Lombardia. Covo tornò a essere sotto la giurisdizione della diocesi cremonese, che, necessitando di acqua per i campi progetto che fu più volte sospeso e ripreso nel 1337 con la realizzazione del Naviglio Civico, e il fosso Bergamasco dal fonte di Covo al Serio, e dal Serio all’Adda.
Il 23 marzo 1410 Pandolfo Malatesta signore di Bergamo e Milano, elevò a conte Giacomo Covi e Covo a rango di contea. La situazione di instabilità politica durò fino alla prima metà del XV secolo, quando irruppe la Repubblica di Venezia.
Nel 1494 l’Massimiiano concesse a Giovanni Bentivoglio di batter moneta a Covo, di cui lui era conte, veniva infatti chiamato Conte di Covo in quanto la località era capoluogo dell’omonimo feudo.
Furono coniate diverse monete, se ne elencano almeno settante: 32 in oro, 31 in argento e 8 in rame. Quasi tutte presentano su di un lato il capo del Bentivoglio visto di profilo con il berretto e la scritta: Joannes Bentivolus il Bonaniensis. Sull’altro lato lo stemma della famiglia con la scritta Maximiliani Imperatoris nummus MCCCCLXXXXIIII. Pochissime monete riportano la scritta e l’immagine del Giovanni Battista. La zecca risulta fosse in funzione dal 1494 al 1509.
L’edificio di maggior richiamo presente nel paese è la chiesa parrocchiale intitolata ai santi Filippo e Giacomo apostoli. Edificata in luogo di un vecchio edificio di culto verso la fine del XVIII secolo utilizzando materiali ottenuti dalla demolizione di antichi edifici, tra cui due piccole chiesette e le torri del vecchio castello. Al proprio interno custodisce la reliquia di san Lazzaro, regalata alla popolazione da Bartolomeo Colleoni, un organo di pregevole fattura e opere pittoriche di buon pregio.
Sia il castello che altri edifici medievali, però, sono andati distrutti nel corso dei secoli, e l’unico resto riferibile a quel periodo è la torre posta su quella che un tempo era la porta sud del maniero stesso.
Numerose sono infine le cascine, memoria dell’anima rurale che il borgo ha conservato per parecchi secoli: tra queste vanno ricordate la Cascina Valemma, la Cascina Trobbiate, la Cascina Arrigona, risalenti al XVII secolo, nonché la Cascina Castellana, la Cascina Cavallina e la Cascina Bordona (demolita nel maggio 2019), edificate attorno al XVI secolo.
Il paese di Covo ogni anno, a ricordo di un fatto storico avvenuto nel 1798 chiamato «Anime giustiziate», dedica tre giorni, il 7, 8 e 9 agosto, data della decapitazione dei tre personaggi, alla «Festa delle Anime Giustiziate». L’evento ricorda la vicenda di tre ladri che durante una rapina in una casa di Covo furono catturati e condannati al patibolo.
Sono partito dal 2016 con la burocrazia, racconta Matteo Pesenti, con le prime domande, le prime valutazioni di impatto ambientale per il rumore e le polveri. Da li poi pian piano ho cominciato a fare tutto quello che serviva, tutte le varie procedure che servono oggi per costruire da zero un nuovo impianto sportivo.
Nel giro di tre anni ha ultimato un po’ tutta le varie pratiche, è una realtà un po’ diversa quella di costruire un impianto ex-novo rispetto ad altre piste che esistono da 10-15 anni, la burocrazia è cambiata parecchio negli ultimi anni.
Logicamente in provincia di Bergamo, non avendo finora una pista da motocross, un’area sportiva del genere, tutti i vari enti interpellati, hanno preso in mano quello che era la legge l’hanno spulciata e mi hanno fatto tutte le verifiche del caso. Modifiche su modifiche per capire se tutto potesse andar bene e fosse a norma della legge attuale.
Dovendo chiedere l’omologazione, partiti col motoclub affiliato alla Federazione Motociclistica Italiana, la pista, che si chiama MXE.45 non sarà così tecnica per i piloti più esperti e veloci, ma sarà scorrevole e divertente per tutti.