Un noto quartiere di Bergamo e un paese della Bassa Bergamasca come ambientazioni principali. Dei personaggi tutti da scoprire, come Fortunato Giramondi che di strada non ne aveva fatta poi molta, nonostante il cognome, Claudio Bastoni detto Solfanel perché si accendeva subito dopo averlo sfregato, la bella e furba Serena, il dottor Martinelli titolare di un’impresa di pompe funebri, il saggio don Foresti e soprattutto Felice Beccarola l’Innominato, conosciuto per la sua fama di menagramo, che tutti cercavano di evitare, ma se per sfortuna se lo ritrovavano di fronte tentavano di rimediare con quel gesto scaramantico: le mani sulle palle..
VENERDÌ 17
Anzi no! Oggi è 16 ma per fortuna non cambia nulla.
La scaramanzia è figlia dell’ignoranza e madre di comportamenti assurdi.
Alessandro Vavassori, bergamasco di provincia, è ingegnere, marito e padre. Nel tempo libero legge e osserva la sua comunità, e ne trae ispirazione per romanzarci o per eleborare riflessioni.
Questo terzo libro, tra il salace e il serio, è una fotografia di un ceto che tenta il riscatto sociale con espedienti più o meno ragionati.
Già dal titolo si capisce l’intento di Alessandro di giocare con le parole, coi doppi sensi e con i nomi.
Soprattutto con i nomi, che mai nessuno si dà da sé, ma che segnano un destino, e che, insieme ai soprannomi, tentano di stabilire ruoli e aspirazioni.
Così Fortunato Giramondi in realtà non vincerà mai nulla e non viaggerà neppure, il Felice soffrirà tutta la sua ingiusta vita, la Serena sarà invece sempre affaccendata. Per non parlare poi dei soprannomi. Alcuni azzeccatissimi, altri malcapitati.
In ogni caso i nomi, che sono scelti sempre da qualcun’altro, influenzano il corso delle nostre storie, se noi glielo permettiamo.
Perché sanno il nome di ciò che cerco, sanno ciò che cerco? O, perché conoscono il mio nome sanno davvero chi io sono?
C’è molto da ridere in queste pagine che raccontano di scaramanzia e ignoranza, ma c’è anche molto da riflettere proprio perché raccontano quanto vili e assurdi possano essere i pregiudizi e l’ignoranza.
Quanto male possano costruire, quanta cattiveria generare. E così, se in paese un imbecille etichetta una persona, quanto può marchiarla a vita con la sua becera supponenza….
Quanto fio viver può cagionare la maldicenza.
Bravo Alessandro!
Hai saputo costruire questa tragicomica commedia insegnando quanto ci si sbagli sempre nel giudicare gli altri, e soprattutto quanto male si possa arrivare a fare per un giudizio sbagliato!
Una commedia popolana e pedagogica, un racconto leggero e profondo.
E allora buona lettura e buon venerdì bergamasco a tutti!