FINCHE’ SUONA LA CAMPANA

ROBERTO ROBERT Finché suona la campana

“Tutti a dire della rabbia del fiume in piena e nessuno della violenza degli argini che lo costringono. Gli uomini liberi sono governati dalle regole, gli schiavi sono governati dagli uomini.”

 Bertold Brecht

INVITO ALLA LETTURA

C’è una doppia storia, nel libro. La prima ha per protagonisti Lodovico Moro, Giorgio Pozzi, Davide Reali e una serie di altri personaggi tratteggiati con realismo, italiani raccontati a cavallo tra il XX e il XXI secolo alle prese con una modernità che corre più veloce di quanto potessimo mai immaginare. L’altra storia, non meno avvincente, è quella della televisione italiana, sospesa tra la data del suo esordio – nel 1954 – e i tempi nostri. E anche questa storia si muove (si è mossa) con passo veloce, per molti versi riflettendo – e in alcuni casi influenzando – la vicenda più generale del nostro Paese.

 

ROBERTO ROBERT dal 1983 lavora nel settore assicurativo in qualità di Funzionario di una Compagnia italiana. Iscritto all’Albo giornalisti fin dai primi anni 80 collabora con organi d’informazione locale. Iscritto al Rotary International, alla Unione Cattolica Artisti Italiani e al Movimento Ecclesiale di impegno culturale di Bergamo Coniugato, due figli. Consigliere comunale a Bergamo dal 1995 al 1999. Ha scritto diversi libri ed ottenuto prestigiosi riconoscimenti.

 

MIA RECENSIONE

Ciao a tutti, oggi il venerdì bergamasco ci porta in tv, anzi ci riporta la tv e le sue tante storie. Roberto Robert scrittore di alto livello, è funzionario di assicurazioni, giornalista pubblicista, attivo rotariano e cattolico. Vive, lavora e si prodiga a Bergamo, dove è stato anche consigliere comunale. Scrive ormai da 18anni ed ha prodotto romanzi di alta caratura con diversi riconoscimenti. Dedicato alla bergamasca ha scritto nel 2011 ‘Rossa la sera dell’avvenire’ che verrà rieditato quest’anno con prefazione di Graziano Del Rio. Il libro di cui, invece, voglio parlarvi oggi è uscito nel 2016, con prefazione di Giorgio Gori ed è il suo romanzo più lungo. 570 pagine, che ho letto in 2 giorni. Un tomo che apparentemente si perde in narrazioni degne di un ispettorato, ma che non sono per nulla inutili e banali e che concorrono all’economia di un vero romanzo storico d’autore. In questa appassionante opera sono raccontati 66 anni di televisioni e network locali, ma anche 66 anni in cui questo elettrodomestico ha cambiato la civiltà ed i suoi valori. Il racconto è ambientato a Milano, per noi bergamaschi La Capitale, del cui riflesso siamo sempre un po’ vissuti. A Milano nascono le idee e il lavoro e Bergamo si fa corollario attiva, benché goda anche di storia e iniziative proprie. Bergamo nel romanzo compare solo per una fugace toccata del protagonista ad una mostra personale sul Testori. Enormi dipinti che raccontano il mondo della box con gli spaccati di vita che il ring rappresenta. Sport, la box, che sarà il motivo di sottofondo e la chiave di lettura delle tante vicende raccontate. In 570 pagine, non molte se si pensa alla quantità di eventi accaduti in questi pochi decenni ed ai forti cambiamenti della società, potrete rileggere la storia delle tv locali, la fortuna e la sfortuna di tutti coloro che della tv ne hanno fatto il loro lavoro e la loro ragione di vita. Rivivrete eventi sportivi e politici, fatti di costume ormai dimenticati, ripercorrerete le vie di una Milano sempre al centro. Centro del giornalismo, della politica, del management, del malaffare, delle università, dello sport e della moda.
Ricorderete i personaggi che ci parlavano dall’enorme scatola luminosa e che Roberto Robert ha riesumato per analizzarne il significato civico e la rilevanza sociale.
Per me, che la tv l’ho sempre fruita pochissimo, questi 2 giorni di lettura non sono stati solo un revival, ma una vera lezione di storia contemporanea in cui non è stato trascurato nulla. Nemmeno i sentimenti, le aspettative e le delusioni, l’amicizia più vera e l’arrivismo delle insaziabili affamate di notorietà e visibilità. E non è mancata neppure la profonda critica morale nei confronti di questo aggeggio, la tv, che ha inventato e avvelenato il popolo con la sua attrattiva più forte: la notorietà. La spasmodica ricerca del favore delle telecamere è ciò di cui ancora oggi soffriamo tutti quanti. Roberto Robert con ‘Finché suona la campana’, titolo che unisce la morale della box e di Hemingway, ha generosamente raccontato, in un lungo turbinio, eventi fondamentali per capire chi siamo oggi e come siamo arrivati fin qui. Ha acceso riflettori e microfoni, studi televisivi e uffici, ha azionato la macchina da presa. Onde elettro-qualcosa che ci stordiscono e che poi si spengono, e che ci abbandonano a quella luce fioca al centro dello schermo. Un minuscolo puntino bianco che alla fine scompare. Pochi attimi di quasi buio, che accendono la luce delle riflessioni dentro di noi. Fine delle trasmissioni.

ROBERTO ROBERT

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