I nostri mariti

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IL MARITO DI OLGA

I NOSTRI MARITI è un film del 1966, diviso in tre episodi indipendenti:

il primo, Il marito di Roberta, diretto da Luigi Filippo D’Amico;

il secondo, Il marito di Olga, diretto da Luigi Zampa; il terzo, Il marito di Attilia ovvero nei secoli fedeli, diretto da Dino Risi.

Il marito di Roberta sarà interpretato da Alberto Sordi e sarà il racconto di un uomo innamorato di una donna che sposa e vuole ad ogni costo, ma lei si sente uomo e deciderà per la necessaria operazione a cambiare sesso

Il marito di Attilia vedrà in scena Ugo Tognazzi e Liana Orfei cimentarsi in una costruita storia di adulterio.

Il marito di Olga è interpretato da due attori che poi non ebbero grande successo in Italia. Sicuramente perché due attori stranieri. Jean-Claude Brialy: Ottavio Michèle Mercier: Olga

Nella ricerca di notizie su questo film ho trovato tantissimi fotogrammi dei primi due episodi, quelli appunto con Tognazzi e Sordi, girati a Roma e a Orvieto. Il secondo e il terzo episodio del film sono interamente in bianco e nero. Il primo, quello con Sordi invece, pur cominciando in bianco e nero, è quasi interamente a colori.

Il copione e la storia, allora quasi peccaminosi per il futuro che anticipavano, visti oggi sembrano una parodia del matrimonio e fanno ridere e sorridere.

Ma è del marito di Olga che voglio parlarvi.

Girato a Bergamo nel 1966 ed in bianco e nero.

Qui si racconta l’attaccamento alla chiesa ed ai valori cattolici che i bergamaschi hanno sempre avuto, la pulizia, l’ordine e l’abnegazione ai doveri, compresi quelli coniugali.

Attenzione alla performance, a Bergamo non si può dire non ce la faccio. Bisogna farcela, oppure fare finta di avercela fatta.

E questo film anticipa quanto questo carattere BERGAMASCO avrà la conseguenza di far sorgere nei più deboli l’ansia da prestazione.

Ansia e depressione che avranno il loro culmine in questo primo ventennio di secolo.

A Bergamo non puoi dire non ce la faccio.

E allora lo fai fare di nascosto ad altri, ma la reputazione va assolutamente fatta salva.

Anche a costo di delegare la procreazione.

Soprattutto se lo scopo della genitorialità è la cospicua eredità della zia bigotta e zitella.

Questo film visto ora è il racconto ironico e sagace della società del primo sviluppo industriale post bellico.

Ma oltre alle risate, il paesaggio è quello di una Bergamo borghese e ordinata, che in bianco e nero rimanda un’aria vintage molto accattivante.

E la tipica nebbia invernale ne accentuerà l’aria romantica e trasognata.

Buona visione

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